La principale sfida per l’agricoltura mondiale dei prossimi anni è rappresentata dalla produzione sostenibile di cibo di alta qualità, realizzata attraverso strategie mirate a ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, conservare le risorse naturali e proteggere la fertilità biologica del suolo.
Le nuove pratiche agroecologiche si avvantaggiano delle attività benefiche dei microrganismi del suolo, capaci di influenzare positivamente la crescita delle piante, i cicli biologici e biochimici dei nutrienti minerali, e di fornire servizi ecosistemici di grande importanza economica per l’agricoltura e la società.
Il gruppo più importante di microrganismi benefici del suolo è rappresentato dai funghi micorrizici, che vivono in simbiosi con la maggior parte delle piante coltivate, tra cui grano, mais, riso, sorgo, patata, soia, la maggior parte delle piante orticole e da frutto, e colture industriali come girasole, tabacco, cotone. Questi simbionti giocano un ruolo chiave nella nutrizione delle piante ospiti, trasferendo loro i nutrienti del suolo attraverso un’estesa rete di ife che dalle radici colonizzate si estende nel suolo circostante. In cambio, ricevono dalla pianta ospite zuccheri e lipidi, da cui dipendono, essendo chemioeterotrofi. Poiché i funghi micorrizici svolgono anche un ruolo importante nella protezione delle piante dagli stress biotici e abiotici, sono stati inclusi nella lista dei biostimolanti dal regolamento europeo 2019/1009.
Diversi studi hanno dimostrato che i funghi micorrizici possono influenzare negativamente la sopravvivenza e la crescita delle piante con cui non stabiliscono la simbiosi, chiamate per questo “non-ospiti”, che rappresentano circa il 18% delle piante vascolari e includono diverse famiglie, dalle Amarantacee alle Brassicacee, Cariofillacee, Chenopodiacee, Ciperacee, Poligonacee e Proteacee. A queste famiglie appartengono molte piante infestanti perniciose e aggressive a livello globale, alcune delle quali hanno sviluppato una estesa resistenza agli erbicidi. Lo stato di non-ospiti è stato verificato sperimentalmente in molte specie di infestanti, tra cui Amaranthus retroflexus, Arabidopsis thaliana, Brassica campestris, Brassica napus, Brassica nigra, Capsella bursa-pastoris, Chenopodium album, Raphanus raphanistrum, Rapistrum rugosum, Sinapis arvensis, Sisymbrium altissimum, Stellaria media, Urtica dioica, inoculate con diverse specie di funghi micorrizici. La caratteristica comune a tutte le specie di piante non-ospiti è la mancanza di arbuscoli, strutture chiave della simbiosi prodotte all’interno delle cellule radicali e sede degli scambi nutrizionali tra fungo e pianta. Studi genomici e trascrittomici hanno dimostrato che l’incapacità di stabilire la simbiosi micorrizica è il risultato della perdita di geni specifici (NFP, DMI2, CASTOR, DMI3, IPD3, RAM1, RAM2, VAPYRIN, STR, STR2, PT4) capaci di regolare le varie fasi dell’interazione tra i due partners, come il riconoscimento reciproco, la penetrazione e la proliferazione del fungo nelle radici, e lo sviluppo degli arbuscoli.
In molti casi i simbionti fungini sono capaci di penetrare nei tessuti radicali, provocando reazioni di difesa nelle radici, come la produzione di spesse apposizioni di parete e una intensa autofluorescenza gialla, indicatrici della produzione di sostanze fenoliche tipiche delle interazioni incompatibili, causando imbrunimento e talvolta la morte radicale. Recenti studi trascrittomici hanno dimostrato che nella pianta non-ospite Arabidopsis thaliana i geni del “symbiotic tookit” non erano espressi, e che diversi geni relativi alla difesa dai patogeni erano up-regolati. L’attivazione di risposte di difesa della pianta, e la conseguente sottrazione di energie destinate alla crescita, potrebbe rappresentare uno dei meccanismi alla base dei numerosi dati riguardanti la riduzione di crescita e i danni radicali riscontrati in molte piante infestanti non-ospiti cresciute in presenza del micelio micorrizico, come nei casi, tra gli altri, di Amaranthus retroflexus, Arenaria serpyllifolia, Chenopodium album, Cyperus rotundus, Echium vulgare, Rumex acetosella, Salsola kali, Spergula arvensis, Stellaria media, Verbascum thapsus.
L’azione di biocontrollo delle infestanti da parte dei funghi micorrizici in campo può essere efficace nei casi in cui le colture siano rappresentate da piante ospiti - come molte piante agrarie - capaci di produrre estese reti miceliari nel suolo che, in contatto con infestanti non-ospiti, ne possono ridurre la fitness attraverso due meccanismi: a) il contatto e/o la penetrazione di alcune ife nelle radici senza la formazione di arbuscoli non fornisce nutrienti alla pianta, attivando reazioni di difesa che sottraggono energie alla crescita; b) la rete miceliare del suolo assorbe nutrienti e li trasferisce alle colture ospiti promuovendo la loro crescita e riducendone l’accesso alle non-ospiti.
I due meccanismi descritti possono essere attivi nel potenziamento della performance delle cover crops, utilizzate in agroecologia per i loro comprovati benefici ecosistemici, come la protezione del suolo, la conservazione della biodiversità e la lotta alle infestanti. L’inoculo di funghi micorrizici sul seme delle cover crops rappresenta uno strumento per aumentarne l’abilità competitiva nei confronti delle infestanti, recentemente sperimentata in campo nell’ambito del progetto Horizon Europe GOOD (AGrOecOlogy for weeDs), mirato a studiare strategie innovative e sostenibili per promuovere la transizione agroecologica verso sistemi agricoli e alimentari a basso impatto ambientale, resilienti ed efficienti.
Ulteriori informazioni e approfondimenti nella Review: https://www.frontiersin.org/journals/agronomy/articles/10.3389/fagro.2025.1601329/full