Frusciante: L’agrumicoltura rappresenta una delle filiere agricole più rilevanti del Paese. L’Italia, insieme alla Spagna, è infatti uno dei principali produttori ed esportatori di agrumi in Europa. L’innovazione varietale ha storicamente accompagnato l’evoluzione del settore, rispondendo alle esigenze dei consumatori. Oggi, tuttavia, il compito dei ricercatori risulta ancor più complesso: occorre continuare a soddisfare tali esigenze in un contesto segnato da evidenti cambiamenti climatici.
Licciardello: Il comparto agrumicolo sta vivendo una fase particolarmente complessa, segnata da sfide fitosanitarie e ambientali senza precedenti. Tra queste, il Greening (HLB) rappresenta la minaccia più grave: una malattia devastante per la quale, ad oggi, non esiste un metodo di controllo efficace. Causata da un batterio trasmesso da una psilla (insetto vettore), ha già provocato la morte di milioni di piante a livello globale. La diffusione dell’insetto è favorita sia dai cambiamenti climatici, sia dall’attività umana, che introduce inconsapevolmente materiale vegetale infetto attraverso gli scambi internazionali. Sebbene i Paesi del Mediterraneo siano attualmente indenni dalla malattia, il batterio è stato rilevato in alcune aree, rendendo il rischio reale e concreto. Le poche fonti di resistenza identificate si trovano in generi affini ai Citrus, sessualmente compatibili ma geneticamente distanti. Questo rende molto difficile ottenere, con metodi di incrocio tradizionale, nuove varietà che combinino resistenza alla malattia e caratteristiche agronomiche desiderate. In questo contesto, le Tecnologie di Evoluzione Assistita offrono un’opportunità concreta. Solo grazie a questi strumenti innovativi sarà possibile trasferire geni di resistenza mantenendo l’identità varietale, senza alterare in modo sostanziale le qualità organolettiche e commerciali degli agrumi. Anche i cambiamenti climatici pongono sfide significative, influenzando direttamente la qualità del frutto. La pigmentazione rossa delle arance, ad esempio, è legata alla sintesi di antocianine, attivata da un’adeguata escursione termica tra giorno e notte. Inverni sempre più miti compromettono questo meccanismo, con ricadute negative sul colore, sulle proprietà antiossidanti e sull’appetibilità del prodotto.
Frusciante: È noto che il miglioramento genetico degli agrumi in Italia si sia basato quasi esclusivamente sulla variabilità genetica presente nel germoplasma nazionale, che, come accade per molte altre specie, ha costituito e continua a costituire una risorsa preziosa per la selezione di nuove varietà. Questa tendenza è particolarmente evidente nel caso degli agrumi, per i quali le varietà di maggiore rilevanza commerciale sono state ottenute attraverso meticolosi programmi di selezione di mutanti somatici naturali. Sono stati condotti anche programmi di incrocio? E, in tal caso, quali risultati hanno prodotto?
Licciardello: L’incrocio è senza dubbio una delle pratiche più antiche attraverso cui è stata generata variabilità negli agrumi. È curioso – e al tempo stesso affascinante – sapere che le uniche specie realmente “pure” sono solo cinque: pummelo, cedro, mandarino, micrantha e kumquat. Tutte le altre varietà che conosciamo derivano da incroci tra queste specie originarie. La diversità che oggi osserviamo in arance, limoni e pompelmi è il risultato dell’accumulo di mutazioni spontanee, selezionate nel tempo dagli agrumicoltori per valorizzare le caratteristiche più apprezzate.
Oggi, i programmi di incrocio rappresentano un approccio più mirato, guidato dalle richieste del mercato. In questo contesto, il CREA di Acireale si è distinto per la creazione di mandarini a polpa rossa, ottenuti incrociando clementine con arance pigmentate (Tarocco o Moro, preferibilmente tetraploidi). Ne sono nati ibridi facilmente sbucciabili, apireni (quando triploidi), ricchi di antocianine e con una finestra di maturazione strategica per il mercato. Alcuni sono stati brevettati. Recentemente, i programmi di miglioramento hanno incluso obiettivi di resistenza a patogeni, come Alternaria, un fungo che macchia frutti e foglie, riducendone il valore. L’uso di marcatori molecolari consente oggi di selezionare precocemente gli ibridi, per poi valutarne a fondo la qualità del frutto. Una parte della ricerca è rivolta anche al miglioramento dei portinnesti. Tuttavia, i tempi per ottenere risultati concreti sono lunghi, spesso superiori all’intera carriera di un ricercatore. È quindi essenziale agire con lungimiranza, anticipando le esigenze future dell’agrumicoltura.
Frusciante: Come è noto, i programmi di miglioramento genetico classico sono lunghi, costosi e richiedono numerose e impegnative prove in campo per l'identificazione e la selezione dei genotipi migliori. In questo contesto, le Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) possono rappresentare una valida alternativa ai metodi convenzionali di breeding. Ma quali sono, eventualmente, le controindicazioni o i limiti legati all’impiego delle TEA nel miglioramento genetico degli agrumi?
Licciardello: Ritengo che le principali difficoltà risiedano nella natura stessa delle colture arboree. Gli agrumi, in particolare, mantengono i caratteri della giovanilità per un periodo prolungato, fino a dieci anni, a cui si aggiunge l’elevata eterozigosità dovuta alla loro origine ibrida. Di conseguenza, quando le TEA sono impiegate per migliorare la qualità del frutto, l’uso di materiale giovane ottenuto da colture in vitro comporta tempi di attesa molto lunghi prima che il miglioramento risulti osservabile.
Inoltre, non è possibile ricorrere al reincrocio per segregare la cassetta contenente la Cas, poiché la sua permanenza determina la configurazione dell’organismo come geneticamente modificato. Il reincrocio darebbe infatti origine a una pianta geneticamente troppo distante da quella di partenza, compromettendone l’identità genetica. Tuttavia, a questi limiti si affiancano aspetti che rendono la sfida scientifica sempre più stimolante. Sebbene siano ancora pochi i geni noti che controllano in modo univoco caratteri agronomicamente rilevanti, la disponibilità di genomi di numerose specie e varietà, insieme alla genotipizzazione e fenotipizzazione di popolazioni create ad hoc, offre solide basi per l’identificazione di geni d’interesse. Alla recalcitranza e alla rigenerazione di alcune varietà si contrappone la spiccata capacità rigenerativa di altre. Infine, la produzione di agrumi “puliti” — conformi alla classificazione NGT1 secondo la normativa europea vigente — rappresenta la sfida più complessa, che richiede l’impiego di approcci innovativi e non convenzionali.