Marco Polo e l’invenzione degli spaghetti

Sfatiamo una fake news.

di Giovanni Ballarini
  • 14 February 2024

Di Marco Polo (1254 – 1324) in questo 2024 ricorrono i settecent'anni dalla morte e molto si dirà e si scriverà ricordando che è ritenuto autore del primo grande capolavoro della letteratura italiana, il Milione. Si dimentica però che il libro non è scritto da Marco Polo ma dal compagno di prigionia il pisano Rustichello a cui lui forse lo dettò, e che questo racconto di avventure di un veneziano in Oriente non è in italiano ma in franco-italiano, lingua abitualmente usata per narrare le storie dei cavalieri e degli eroi e adatta per descrivere le meraviglie dei paesi lontani, tra le quali non vi sono – è bene ricordare – gli spaghetti. La notizia è assente in tutti i manoscritti del Milione, dove invece si parla della farina di sago estratto da una particolare specie di palma che gli abitanti di Sumatra utilizzano per fare lasagne e altri tipi di pasta, ma mai di spaghetti. Un equivoco nasce due secoli dopo, quando il diplomatico, geografo e umanista della Repubblica di Venezia Giovanni Battista Ramusio (1485 – 1557), pubblicando le memorie di viaggio di Marco Polo, fraintende e manipola il testo e attribuisce l’informazione sulla pasta di sago, di cui aveva portato un campione nella Serenissima, alla pasta in genere, facendo credere che l’ambasciatore alla corte del Gran Khan Kubilai ne avesse scoperto il segreto nella terra di Confucio.
Come nasce la leggenda che Marco Polo avrebbe portato questo cibo in Italia e da qui diffusi in tutto il resto del mondo? E quale pasta conosce in Cina Marco Polo? Sfatiamo subito la leggenda o meglio fake news degli spaghetti invenzione dei cinesi e portati in Europa da Marco Polo. Questa frottola nasce negli Stati Uniti nell’ottobre del 1929 con un articolo pubblicato dal The Macaroni Journal, organo dell’associazione dei produttori americani statunitensi. In questo articolo si narra, o meglio si inventa, che un giorno Marco Polo, comandante di una flotta cinese, manda a terra per rifornirsi di acqua alcuni marinai e uno di questi, dall'incredibile nome di Spaghetti (!!), impara da una donna cinese a preparare un tipo di pasta lunga e sottile poi stesa al sole per l’essiccazione. L’articolo racconta poi che il marinaio importa la pasta in Italia battezzandola con il proprio nome. Una storia inventata e totalmente impossibile che si diffonde anche perché nel 1938 è narrata da Marco Polo interpretato da Gary Cooper nel film The Adventures of Marco Polo, in Italia ribattezzato Uno scozzese alla corte di Gengis Khan.
Già gli Etruschi e i Romani conoscono la pasta fresca, mentre la pasta secca è messa a punto dagli Arabi che la portano in Sicilia, dove nel 1154 il geografo Muhammad al-Idrisi (1099 circa – 1165) scrive che nell’abitato di Trabia tra Termini e Palermo si produce pasta che è esportata in tutto il Mediterraneo. Nel 1279 la pasta secca è presente a Genova dove un notaio, nel compilare l’inventario dei beni lasciati da un milite di nome Ponzio Bastone, annota “Una barisella plena de maccaroni” . È la prima volta che compare questa parola, sedici anni prima che Marco Polo faccia ritorno dalla Cina (1295).
Quale pasta può aver incontrato Marco Polo durante il suo viaggio compiuto con il padre Niccolò e lo zio paterno Matteo attraverso l'Asia lungo la Via della seta fino alla Cina, allora Catai, dal 1271 al 1295? O il francescano Giovanni da Pian del Carpine (?? – 1252) che nel 1246 a Ulan Bathor visita Gran Khan della Mongolia o il missionario-esploratore Guglielmo di Rubruck (circa 1220 – 1293 circa)? O Giovanni da Montecorvino (1246-1328) che diviene il primo arcivescovo di Pechino?
Françoise Sabban antropologa, sinologa e storica francese, specialista delle culture alimentari cinesi nelle sue ampie e documentate ricerche afferma che la Cina è l’altra patria delle paste alimentari (Serventi S., Saccan F. – La Pasta Storia e cultura di un cibo universale – Ed. Laterza, 2000. Sabban F. - Storia del cibo cinese: revisione bibliografica (1911-2011) - Food & History, vol. 10, n.2, pag. 103-129, 2012).
In realtà quando Marco Polo e i francescani visitano la Cina già in Italia si consumano gli spaghetti da qualche secolo ma i cinesi lo fanno già da qualche millennio, anche se sotto forme diverse. Gli spaghetti di farina di cereale sono infatti un alimento popolare in molte parti del mondo e si discute se a inventarli siano stati gli arabi o gli italiani o i cinesi.
Oggi sappiamo che, fino a prova contraria, primi sono i cinesi, quando quattromila anni fa, nel tardo Neolitico a Lajia sulle sponde del Mar Giallo nel nord-ovest della Cina preparano e mangiano una pasta di farina di cereale che può essere allungata in fili lunghi e sottili che divengono tagliatelle poi cotte bollite (Houyuan Lu, Xiaoyan Yang, Maolin Ye et alii - Millet noodles in Late Neolithic China – Nature, 437, 967 – 968, 2005). Inoltre, la più antica ricetta cinese di pasta appare in un libro scritto in Cina durante la dinastia Han, tra il I ed il III sec. d. C. quando le paste di farina di grano chiamate bing sono denominate secondo la loro forma come lingue di cane, orecchie di porcellino, lacci di pugnale, coppette e candele, queste ultime quindi simili a spaghetti. È durante la dinastia Yuan (1279-1368) che la pasta diventa un alimento per tutti e inizia a differenziarsi a seconda delle regioni e ancora oggi, ad esempio, sono diverse le tecniche di lavorazione: al nord si preferisce lavorare l’impasto solo con le mani, mentre al sud ci si serve di un mattarello, piccolo e senza manici, simile a un bastone, utilizzato con una sola mano.
Sempre nella antica Cina durante l'XI secolo dalla farina di cereali si estrae il glutine chiamato mianjin, letteralmente muscolo della farina, comprendendone i vantaggi gastronomici e nutritivi che l'erudito Shen Gua (1031-1095) nei suoi Propositi annotati a Mengqi dice: "lava la pasta di farina di grano fino a che non ne appaia il muscolo". Sarà invece solo nel XVIII secolo che in Europa il bolognese Jacopo Bartolomeo Beccari (1682 – 1766) nel 1728 nella sua conferenza De frumento comunica per primo di aver separato dalla farina di grano il glutine che conferisce agli impasti di farina viscosità, elasticità e coesione necessari per produrre buoni spaghetti.