L’invecchiamento del riso grezzo

di Piero Rondolino
  • 14 February 2024

L’invecchiamento, o stagionatura del risone, internazionalmente definito con il termine inglese aging, è tra i numerosi parametri che intervengono a determinare la qualità del riso perché ne perfeziona pressoché tutti i caratteri chimico-fisici ed organolettici.
Con il termine invecchiamento si intende stabilire o individuare il tempo necessario affinché il riso grezzo, greggio o risone, si può dire "maturi" con un lento processo volto a raggiungere la sua massima perfezione qualitativa.
Ai fini qualitativi, l’utilità dell’invecchiamento del riso era nota ed apprezzata fin dai tempi più antichi proprio da quelle popolazioni che del riso ne fecero il principale quando non l'unico alimento.
Un antico scritto sanscrito, in traduzione inglese, recita: “corns and grains, one year after their harvesting, are said to be wholesome” [I grani, un anno dopo il loro raccolto, si sa che sono sani perché il tempo li rende migliori per l’alimentazione]. (Chowkhamba Sanskrit Studies - Volume I - Sutra Sthana).
Non è solo l’antico testo sanscrito che scopre l’invecchiamento e che vanta l’invecchiamento del risone: ancora prima, nella non lontana Cina, poiché l’imperatore non poteva restare senza riso anche in caso di siccità, venivano conservati per lui tre anni di raccolto; semplicemente così si era venuto a scoprire che quello più vecchio era il migliore. Ancora oggi, il riso invecchiato tre anni è conosciuto come “il riso dell’imperatore”.
Nell’Asia del sud era consuetudine conservare una parte del riso raccolto nell’anno di nascita di un bambino, perché potesse essere consumato al momento del suo matrimonio. Oggi, continua ad essere considerato un regalo di pregio donare un sacchetto di riso invecchiato due anni.
In Italia, nelle zone tipiche di produzione, si è sempre saputo che il migliore era il “riso vecchio lavorato fresco” intendendo quello del raccolto precedente da consumare subito dopo la lavorazione.

Le modificazioni che intervengono durante l’invecchiamento
Al momento della raccolta dalle risaie, la pianta di riso ha completato il suo ciclo vegetativo ma non ha perfezionato quello della qualità del prodotto. Infatti, il grado di perfezione qualitativa raggiunto al termine della maturazione agraria è variabile perché su di esso incidono sia le componenti climatiche quali l'intensità dell'insolazione, la temperatura e l'umidità dell'aria, il vento, ma anche le corrette tecniche agronomiche in generale, la fertilizzazione e la scelta del momento utile per la mietitura.
Conclusa la maturazione agraria, i granuli d’amido non hanno ancora raggiunto il giusto stato cristallino e le cellule devono perfezionare il rapporto percentuale tra amilosio e amilopectina.
L’attività respiratoria del risone non cessa una volta staccato dalla pianta ma continua in magazzino per mezzo dell’ossigeno presente nella massa che provoca dei mutamenti all’interno del chicco ancora da raffinare, migliorando le caratteristiche delle proteine e dell’amido, consentendo quindi di raggiungere un superiore grado di uniformità e di assestamento qualitativo.
Il riso grezzo, al momento del raccolto, presenta un grado di umidità che può oscillare tra il 16% ed il 30% ma, ai fini di una possibile conservazione, deve essere eliminata l’acqua in eccesso per mezzo dell’essicazione portando l’umidità al 14%, processo che, tuttavia, non è sufficiente per completare le caratteristiche di qualità.
Il complesso meccanismo che porta al perfezionamento durante l’invecchiamento non è ancora completamente noto, malgrado i numerosi studi eseguiti; ciò che è noto però è che tutti i tessuti cellulari del chicco ne sono ampiamente interessati.
Se si escludono gli aspetti negativi dei chicchi che presentano difetti derivati da un’imperfetta maturazione o un’impropria conservazione e si prende in considerazione la sola “condizione ottimale” si può affermare con certezza che, durante il riposo in silos refrigerati, sui chicchi agiscono fattori chimico-fisici quali l'umidità, la temperatura, l'aria presente nella massa del prodotto, lo stato primitivo del prodotto stesso.
Durante l’invecchiamento gli scambi fisico-chimici avvengono in dipendenza della temperatura dell'ambiente di stoccaggio, e sono più lenti ai livelli termici inferiori ai  15-18°C (Tani et al., 1964; Okabe, 1979). Questi scambi probabilmente iniziano già prima del raccolto grazie all’influenza delle radiazioni solari.
Anche Marikaka et al. nel 1971, Shibuya et al. nel 1974 e Hwmgho et Lee nel 1976 misurarono che il valore dell’indice di consistenza del riso cotto è più elevato dopo l’invecchiamento.
Kester et al. nel loro “Influence of maturity on properties of western rices” del 1963, definirono questo fenomeno "dopo maturazione”, lo individuarono e misurarono:
a) con l'incremento durante la cottura della capacità di assorbimento di acqua;
b) con la misura di un superiore livello del picco di viscosità amilografica;
L'incremento della capacità di assorbimento idrico del riso durante la cottura aumenta con il tempo di invecchiamento, a partire dai primi anni.

Bolling et al. nel loro “Studies on storage of milled rice for a long period” del 1959, grazie alle esperienze sullo stoccaggio prolungato del risone evidenziarono che:
a) la consistenza del riso in seguito a cottura si incrementa con l’invecchiamento;
b) l'aumento di volume del riso cotto è in correlazione positiva con l'invecchiamento anche oltre il quarto anno;
c) le forze di compressione e di rottura misurate sul grano di riso decorticato aumentano nel riso che è stato sottoposto ad un periodo di invecchiamento; queste forze sono gli elementi indice che riflettono la superiore resistenza alla rottura del grano durante le operazioni di raffinazione, grazie alla presenza di una più elevata percentuale di grani interi ed un minor numero di grani rotti.

A seguito dell’invecchiamento furono misurate anche altre modifiche della qualità del riso che, durante la cottura, evidenziarono:
a) l'incremento della capacità di espansione nel volume dei grani cotti oltre quello già ricordato di una superiore capacità di assorbimento di acqua;
b) l'incremento della lunghezza del chicco.
Una riconferma che il riso invecchiato aumenta la lunghezza assai più di quello nuovo senza disintegrarsi è data da Desikachar and Subrahmanyan – Expansion of new and old rice during cooking - 1959.

Il lungo invecchiamento determina un lieve incremento % delle proteine (Saujiva 1938)
Pushpamma et Reddy, nel testo del 1979 Storage and the quality of grain: village-level studies, riportano di aver misurato un progressivo incremento del rigonfiamento e dell'assunzione di acqua per un riso stagionato un anno.
Gli stessi Pushpamma et Reddy, nei loro rapporti, convengono che il tempo ottimale di cottura del riso raffinato dopo invecchiamento di sei mesi aumenta di 4-6 minuti a confronto del riso cotto subito dopo il raccolto.
Il riso stagionato quando cotto è più consistente e meno colloso di quello cotto subito dopo il raccolto.

L'Indian Journal of Agricultural Science del 1938, in un lavoro di A. Sreenivasan, riporta quanto segue:
a. il riso conservato bene per lungo tempo aumenta con la cottura circa quattro volte il volume originale mentre il riso posto in lavorazione poco dopo il raccolto lo duplica solamente;
b. l'elevata temperatura e la minore quantità di aria durante lo stoccaggio aumentano rapidamente le qualità di cottura del riso rispetto a quello non invecchiato, purché non si verifichi un parallelo incremento dell'umidità. 

Molti altri studi hanno anche dimostrato che il disperdimento nell'acqua di cottura dell'amido, meglio conosciuto come collosità, diminuisce per il riso invecchiato.
Un altro fenomeno studiato sul riso in seguito alla cottura è quello della disgregazione dei grani, cioè della collosità a cui il riso invecchiato offre superiore resistenza. 

Conclusioni
Le risultanze sperimentali concordano unanimemente sul perfezionamento della qualità del prodotto riso quando abbia subito allo stato grezzo un processo di invecchiamento o stagionatura. Ai fini di una minima stabilizzazione delle attitudini qualitative di una qualsiasi varietà di riso, il tempo minimo di riposo suggerito affinché si manifestino le adeguate attitudini è di novanta giorni dalla raccolta, ma alcuni autori portano al secondo anno le condizioni e i tempi ottimali.

Potremmo così riassumere i vantaggi che l’invecchiamento del riso consente di ottenere:
a. minori quantità di rotture del chicco nella fase di lavorazione, e in cottura;
b. un alimento che alla cottura acquisisce una più sicura consistenza del chicco ed una minore collosità;
c. una forma del chicco che, alle condizioni ottimali di cottura, non si disgrega né deforma;
d. da un’identica quantità di riso, un superiore volume del riso cotto;
e. il minore disperdimento di amido, di minerali e vitamine rilasciati dal riso nel liquido di cottura.

L’invecchiamento del risone rimane il punto di passaggio chiave della qualità: indispensabile anche se sempre meno adempiuto.  Da una parte le tradizioni, anche in Asia, sono ormai considerate un lusso e, dall’altra, le spese di stoccaggio, di refrigerazione, il calo peso del risone che avviene a causa della naturale respirazione del chicco a contatto con l’ossigeno dell’atmosfera che consuma i carboidrati.