Pregiudizi sulle colpe della zootecnia nella produzione di gas serra

di Mauro Antongiovanni
  • 06 December 2023

In pensione ormai da molti anni, passo parte del mio tempo davanti al televisore. Guardo, soprattutto, le trasmissioni in prima serata che ospitano quasi sempre “tuttologi” che sparano sentenze, spesso discutibili, basate su informazioni gonfiate ad arte, non sempre in buona fede.
Nello specifico, sono infastidito dal richiamo a dati pseudo scientifici per dimostrare l’esistenza di situazioni paradossali e, comunque, fantasiose. Uno degli argomenti preferiti dai cosiddetti “ambientalisti” riguarda il riscaldamento globale del nostro pianeta, le sue cause ed i rimedi proposti. Per alcuni, le attività legate all’agricoltura, alla zootecnia in particolare, sono le principali responsabili della catastrofe ambientale che stiamo vivendo, se non le sole.
Un esempio per tutti, un articolo apparso su “La Rivista della Natura” del 26 maggio 2018, a firma Ylenia Vimercati, nel quale si affermava, testualmente: “La prima immagine a cui solitamente pensiamo quando si parla di emissioni di gas serra, sono le automobili. Decidiamo perciò di limitare l’utilizzo della nostra auto, sperando che gli altri facciano altrettanto. Confidiamo che il problema dell’inquinamento dell’aria e del riscaldamento globale potrà migliorare. Ma, come scrive lo storico Daniel J. Boorstin: in qualche modo ci siamo illusi di sapere. Uno studio del 2009 del Worldwatch Institute, sottolinea che abbiamo ampiamente sottostimato la fonte che causa circa il 50% delle emissioni di gas serra dovuta alle attività umane. Si stima infatti che le emissioni globali dell’industria zootecnica superino del 28% quelle dell’intero settore dei trasporti. Sembra che mangiare carne, uova e latticini provenienti dagli allevamenti, abbia un impatto ben più profondo sull’aria che respiriamo rispetto a tutte le vetture, navi, aerei e treni messi insieme”.
Tutti noi confidiamo, insieme all’autrice, che il problema dell’inquinamento “possa” migliorare, rispettando anche il congiuntivo, ma se partiamo col pensare che, divenendo tutti vegani, ci risparmieremo l’inquinamento dovuto a “tutte le vetture, navi, aerei e treni messi insieme”, forse siamo un po’ lontani dalla realtà.
Mentre facevo queste considerazioni fra me e me, mi è capitato di leggere una breve nota dal titolo “How do I convince a vegetarian”, comparsa su “All Aboout Feed” del 17 novembre scorso a firma del nutrizionista olandese Marco de Mik. Anche lui riporta le proprie osservazioni sull’affidabilità scientifica di tanti messaggi che circolano veicolati dai media e sull’opportunità delle discussioni sull’argomento, spesso sostenute da personaggi scientificamente inconsistenti. Mi sono sentito meno solo.
L’autore scrive testualmente: “spesso ci sentiamo messi sul banco degli imputati sulla base di pregiudizi senza che ci si possa difendere. Soprattutto quando viene tirato in ballo l’argomento inquinamento ambientale conseguente alle attività zootecniche, con mezze verità alimentate dalle emozioni che suscitano. Ma il numero degli abitanti di questo pianeta cresce esponenzialmente e dobbiamo ridurre i danni all’ambiente con ciò che produciamo, comprese le attività agricole. Dobbiamo riuscire a dar da mangiare a tutti con il minimo impatto ambientale.”
L’articolo prosegue con alcune considerazioni di carattere generale. Una per tutte: il Sud America viene considerato negativamente per i danni all’ambiente dovuti alla deforestazione, ma i rendimenti della soia in Brasile sono quasi due volte quelli della colza in Canada. Il che vuol dire che in Canada ci vuole almeno tre volte più terra per produrre la stessa quantità di proteine. Non è corretto condannare una determinata situazione colturale senza proporre un’alternativa plausibile.
Ancora un argomento, colpevolmente nascosto dai detrattori e tirato in ballo più volte anche su questa newsletter in passato: l’origine dei gas serra prodotti della attività agricole è prevalentemente non di origine fossile, ma rinnovabile. Non dovrebbe essere tollerato che un’organizzazione come Greenpeace possa impunemente pubblicare (Greenpeace European Unit, 22/09/2020) una nota dal titolo “Animal farming in Europe worse than all cars” mettendo sullo stesso piano le fonti rinnovabili e i combustibili fossili!
Mettiamoci tutti l’animo in pace. In futuro potremo anche cambiare le nostre abitudini alimentari, eliminando gli eccessi e gli sprechi nei paesi più ricchi, ma non potremo eliminare completamente i prodotti di origine animale, specie per i bambini, per poi ricorrere ad integratori vitaminici e di aminoacidi essenziali di produzione industriale.