Frumento, conosciamolo meglio

Verità scientifiche e falsità diffuse sulla principale fonte alimentare dell'Umanità

di Luigi Cattivelli
  • 01 November 2023

I FRUMENTI
Con “frumenti” intendiamo circa una ventina di specie e sottospecie coltivate o selvatiche, strettamente imparentate tra loro ed appartenenti al genere Triticum. Limitandoci ai frumenti coltivati utilizzati per l’alimentazione umana, abbiamo: i) il monococco (T. monococcum) che fu il primo frumento coltivato dall’uomo neolitico circa 12.000 anni fa, nella mezza luna fertile quando nacque l’agricoltura; ii) il farro (T. turgidum subspecie dicoccum), coltivato ai tempi degli antichi romani (dal termine farro deriva la parola farina); iii) il frumento duro (T. turgidum subspecie durum) che sostituisce il farro a partire dalla fine dell’impero romano; iv) il T. turgidum subspecie turanicum (noto commercialmente con il nome di kamut® o di “grano khorasan”), una sottospecie molto simile al grano duro evolutasi nel territorio dell’attuale Iran; v) lo spelta (T. spelta) e vi) il frumento tenero (T. aestivum). Infine, è importante sapere che alcune forme coltivate hanno semi vestiti, ossia i semi si presentano alla raccolta avvolti dalle glume che devono essere tolte (decorticatura) prima di procedere alla macinazione per produrre farina; sono frumenti vestiti il monococco, il farro e lo spelta. I frumenti in cui le glume si separano spontaneamente dal seme in fase di raccolta sono detti nudi; sono frumenti nudi il frumento duro, il frumento tenero ed il T. turanicum.
Complessivamente abbiamo 6 frumenti coltivati di cui tre vestiti e tre nudi, oltre ad altri frumenti selvatici o comunque non più coltivati. Per ciascuna delle specie coltivate, possiamo trovare antiche popolazioni locali (i frumenti che in Italia si coltivavano fino ai primi del ‘900), varietà cosiddette antiche (frumenti selezionati da ricercatori a partire dai primi del ‘900 sino agli anni ’60) e varietà moderne (dagli anni ’60 in poi).
A partire da 10.000 anni fa, l’uomo ha costantemente selezionato frumenti migliori, prima su basi totalmente empiriche e poi, a partire dai primi del ‘900, sfruttando le conoscenze genetiche e più recentemente quelle genomiche. Su basi empiriche l’uomo ha selezionato le forme coltivate differenziandole da quelle selvatiche (in quest’ultime i semi cadono dalla spiga una volta maturi, un carattere estremamente utile per la dispersione dei semi figli, ma che rende difficile la raccolta dei semi da parte dell’uomo) e successivamente ha preferito le forme nude, soprattutto se caratterizzate da semi grandi, per un’ovvia comodità in quanto i semi nudi non devono essere decorticati. Negli ultimi 100 anni si è tuttavia assistito ad un intenso lavoro di miglioramento genetico che ha portato alla selezione dei frumenti moderni attraverso un susseguirsi di nuove varietà.
Il lavoro di miglioramento genetico del frumento fu avviato agli inizi del’900 da Nazareno Strampelli. I suoi sforzi condussero alla realizzazione di decine di varietà di frumento tenero e duro, alcune delle quali di grandissimo successo internazionale, come ad esempio il frumento duro Senatore Cappelli (1915) o i frumenti teneri Mentana (1923) e San Pastore (1931). Nel periodo antecedente la Seconda guerra mondiale, l’adozione delle varietà selezionate da Strampelli ha permesso di raggiungere importanti incrementi produttivi. A partire dagli anni ’50, Norman Borlaug, un genetista che lavorava presso il CIMMYT (un’istituzione di ricerca internazionale con sede in Messico) ha selezionato i frumenti moderni che hanno consentito di sollevare dalla fame molti paesi del centro-sud America e dell’Asia, un rinnovamento varietale che è stato definito come “rivoluzione verde”. In generale, i frumenti moderni sono più bassi di quelli antichi e per questo sono in grado di avvantaggiarsi dell’uso dei fertilizzanti, i frumenti coltivati all’inizio del ‘900 erano alti più di 150 cm mentre l’altezza dei frumenti attuali è circa 70-80 cm. 

COMPOSIZIONE E VALORE NUTRIZIONALE DEI FRUMENTI
I frumenti sono alla base dell’alimentazione del mondo occidentale da circa 10.000 anni. Questo straordinario successo del frumento è dipeso dalle sue caratteristiche tecnologiche e nutrizionali. I semi dei frumenti sono ricchi di amido, proteine, fibre, sali minerali, vitamine e composti antiossidanti; tuttavia, la distribuzione di questi principi nutritivi all’interno del seme non è omogenea. Amido e proteine sono concentrati nell’endosperma (la parte bianca del seme) mentre fibre, vitamine (A, B1, E, K), acidi grassi polinsaturi, sali minerali (calcio, fosforo, magnesio, ferro, zinco, rame) e composti bioattivi sono concentrati nello strato aleuronico (lo strato di cellule che avvolge l’endosperma), nei tegumenti esterni e nel germe, quindi solo un consumo quotidiano di prodotti integrali garantisce l’assunzione di tutti i principi nutritivi presenti nei semi di frumento.
Le proteine rivestono un ruolo primario nel successo alimentare dei frumenti. Molte delle caratteristiche organolettiche dei cibi a basi farina, quali la porosità dei biscotti, la sofficità del pane ed anche la tenacità della pasta al dente, sono dovute proprio alla particolare composizione delle proteine dei frumenti. Circa l’80% di tutte le proteine contenute in un seme di frumento sono rappresentate da gliadine e glutenine, due famiglie di proteine presenti nell’endosperma del seme. Quando gliadine e glutenine sono miscelate insieme in presenza di acqua generano una maglia proteica chiamata glutine. Il glutine è una matrice proteica con proprietà uniche: è sia elastico che estensibile e queste caratteristiche variano a seconda della specifica composizione delle famiglie gliadiniche e gluteniniche presenti. Queste proprietà spiegano la capacità di un impasto di farina ed acqua di lievitare intrappolando l’anidride carbonica prodotta nella lievitazione e generando un prodotto più o meno soffice, ma anche la capacità di intrappolare granuli d’amido e trattenerli durante la cottura della pasta in acqua bollente, caratteristica che si traduce in una pasta al dente.

VARIETÀ ANTICHE E MODERNE
Oggi si assiste ad un revival dei frumenti antichi, a cui si attribuiscono caratteristiche positive spesso in contrasto con i frumenti moderni. Frumenti duri come Timilia e Russello (due popolazioni locali siciliane), Cappelli (la prima varietà di frumento duro rilasciata da Strampelli nel 1915) oppure frumenti teneri come Gentil Rosso (una popolazione coltivata nell’800 nel centro e nord Italia) vengono rimessi in coltura e sempre più spesso si trovano in commercio prodotti realizzati con farine di questi grani antichi. Ma in che cosa effettivamente differisce la composizione dei semi, e quindi delle farine, dei frumenti antichi rispetto a quelli moderni?
I frumenti moderni hanno meno proteine e quindi anche meno glutine rispetto ai frumenti antichi. Il contenuto proteico dipende da fattori sia genetici che agronomici (fertilizzazione azotata), ma in generale si osserva una correlazione negativa tra l’aumento della produzione e il contenuto di proteine nei semi. A parità di condizioni agronomiche, i frumenti antichi, meno produttivi, hanno più proteine e più glutine, tuttavia esiste una certa diversità genetica per cui singole varietà (sia moderne che antiche) possono scostarsi dalla tendenza generale. Un’importante differenza tra frumenti antichi e moderni risiede nella qualità del glutine, che nei frumenti moderni ha composizione e proprietà tecnologiche diverse da quelli dei frumenti antichi. In linea di massima, il miglioramento genetico ha determinato un aumento della forza del glutine, e la selezione di frumenti con glutine tenace è stata motivata dalle sempre maggior propensione del consumatore per pani soffici e paste sempre al dente.
Anche se i frumenti moderni hanno in generale meno proteine ed un glutine più tenace dei frumenti antichi, è necessario chiarire che i frumenti moderni, in particolare i frumenti teneri, non sono affatto tutti uguali. Esiste una gamma di varietà selezionate per produrre farine con svariate proprietà tecnologiche idonee ai diversi usi (biscotti, tipologie diverse di pane/pizza, dolci molto lievitati, ecc). Così si va dai frumenti “biscottieri” caratterizzati da un contenuto proteico particolarmente basso (<11%) e da un glutine debole fino ai frumenti “di forza”.
Tutti i frumenti contengono glutine e contengono brevi tratti proteici (epitopi) capaci di scatenare la reazione celiaca nei soggetti che manifestano la malattia. Esistono evidenze che i frumenti diploidi (monococco) hanno meno epitopi tossici rispetto al frumento duro ed al farro e questi ultimi meno del frumento tenero; tuttavia, nessun frumento può essere assunto da persone celiache. Recenti studi dimostrano che il contenuto di epitopi in grado di indurre la risposta celiaca è molto variabile sia all’interno dei frumenti antichi che di quelli moderni e non si riscontra alcuna tendenza verso l’aumento di questi epitopi a seguito del miglioramento genetico.
Infine, discutendo di frumenti antichi e frumenti moderni è opportuno fare alcune considerazioni pratiche. A causa della loro bassa produttività (circa la metà di quella dei frumenti moderni), i frumenti antichi richiedono una superficie molto più estesa per produrre la stessa quantità di farina, e questo va contro i principi della sostenibilità ambientale. In Italia, i circa 600.000 ettari coltivati con frumenti teneri moderni sono sufficienti per produrre circa il 40% della farina utilizzata annualmente. Se tutta la superficie italiana di frumento tenero venisse coltivata con frumenti antichi la produzione nazionale di frumento tenero scenderebbe a circa il 15-20% del fabbisogno, ed il restante sarebbe soddisfatto importando frumenti moderni dall’estero. Lo stesso vale per il frumento duro, dove la produzione nazionale copre circa il 60% del fabbisogno. Ovviamente, queste considerazioni non implicano che i frumenti antichi debbano sparire, ma che dovrebbero essere considerati un’opportunità solo per le aree marginali (dove la differenza produttiva tra frumenti antichi e moderni è minore) e valorizzati per il loro valore storico/culturale e non per inesistenti caratteristiche agronomiche o nutrizionali. 

(PER SAPERNE DI PIU’: Luigi Cattivelli, PANE NOSTRO. Grani, farine ed altre bugie. Edizioni IL MULINO, 2023).