Prezzi bloccati, a spese di chi?

E’ dai tempi dell’editto di Diocleziano sui prezzi (300 dopo Cristo) che decidere i prezzi a tavolino non serve a niente. E chi dovrebbe decidere il prezzo minimo? Il ministero, l’Ismea? E su quali basi, con mercati volatili e i prezzi che cambiano ogni giorno. E chi controlla? E chi dovrebbe fare le denunce: il singolo produttore o coop, col rischio di venire tagliato fuori per sempre dalla catena?

di Lorenzo Frassoldati*
  • 04 October 2023

Mentre va in onda il patto antinflazione con tanti dubbi sulla sua efficacia reale (per frutta e verdura sono previste ‘promozioni locali’, quindi???) il boom sui social di un mio post messo ai primi di settembre – con un altro post a metà mese - induce alcune riflessioni sul tema della qualità dei prodotti che i consumatori comprano e sul rapporto qualità/prezzo.
Nel primo post parlavo di “nettarine bianche comprate a circa 3,5 €/kg in una catena GDO di prima fascia (no discount)” rivelatesi poi immangiabili dopo alcuni giorni in casa nella (vana) speranza che maturassero. Conclusione: “Le catene della GDO, che fanno sempre la lezione al mondo produttivo, ripetono sempre di puntare sulla qualità, sostenibilità, innovazione, ecc. Dovrebbero invece puntare in primo luogo a vendere frutta buona, altrimenti come dar torto ai consumatori che ne comprano sempre meno?”.
Il successo è stato immediato con centinaia di visualizzazioni e commenti (li potete trovare sul sito corriereortofrutticolo.it alla sezione Commenti). Il che mi ha spinto a continuare nel ruolo di consumatore/acquirente della frutta, e non da addetto ai lavori. In un nuovo post a metà settembre su FB e Linkedin raccontavo di avere acquistato “1 kg di pesche gialle e bianche di bel calibro comprate da un fruttivendolo al mercatino rionale a 5,50 €/kg quindi a un prezzo top.  Risultato: le 2 gialle sono maturate in casa ed erano molto buone; le due bianche così così, sono rimaste un po' dure senza maturare per bene. Quindi non solo al market si prendono fregature, anche dal fruttivendolo (in questo caso una mezza fregatura). Dura fare la spesa per chi vive in città...”
Anche dopo questo secondo post i social si sono scatenati (anche questi commenti sono tutti sul sito). Che dire? Quando si esce dal giro degli addetti ai lavori e si tasta il polso dei consumatori, si capiscono tante cose.
Ecco in sintesi alcune mie considerazioni. “Certo dietro 1 kg di frutta di stagione immangiabile c'è il fallimento di una intera filiera, dal campo al magazzino al supermercato. Il fallimento si traduce nella crescente disaffezione del consumatore che paga (caro) per un prodotto che finisce spesso nella spazzatura. Bisogna rimettere il gusto, e non il prezzo, al centro delle politiche dei responsabili della frutta fresca delle varie catene della GDO. In un rapporto di vera partnership col mondo produttivo, non di ricerca comunque del prezzo più basso”. Ancora. “Come dicono certi cuochi: bisogna assaggiare i cibi che si cucinano. Così i buyer delle catene della GDO dovrebbero assaggiare la frutta che vendono a caro prezzo o comunque collaborare davvero coi produttori per far sì che il prodotto sia buono al gusto e al palato. Invece l'unico criterio è il prezzo da pagare al fornitore, in genere il più basso possibile, se poi la gente compra frutta bella ma immangiabile non è più un problema loro. Ma così si rovina il mercato e aumenterà l'import. In sintesi: fammi pagare 5 centesimi in più ma dammi un prodotto buono, che sia mangiabile”. Poi. “In tema di qualità, in generale, c’è scarsa fiducia negli acquisti fatti al supermarket. Come dire: vado al market perché è comodo, però compro il minimo, perché ho preso troppe fregature. Un atteggiamento spesso ingeneroso perché alcune catene in effetti sono meglio di altre nella selezione e gestione del prodotto e nella cura espositiva del reparto ortofrutta. Poi non è solo la GDO ad avere un problema di qualità: anche la frutta di dettaglianti e "km zero” vari, in molti casi, quest’estate non ha soddisfatto i consumatori, soprattutto con drupacee, meloni, angurie. Però la sfiducia crescente esiste, ed è innegabile. Il che porta a una prima conclusione: finché non migliorerà la qualità del prodotto venduto in GDO, difficilmente potranno ripartire i consumi. Il che è particolarmente vero per la frutta estiva, più legata alla stagionalità”.
Dopo la seconda puntata, quella delle pesche comprate dal fruttivendolo, concludevo: “I commenti dei social si dividono su due filoni: il rapporto qualità/prezzo di quello che si compra e il prezzo corrisposto al produttore. Sulla qualità, come si vede, c’è molta sfiducia verso la GDO, attraverso cui passa comunque il 65-70% delle vendite di ortofrutta. Una sfiducia in gran parte motivata, perché la ‘fregature’ sono all’ordine del giorno. Ma anche dal fruttivendolo si pigliano delle ‘sole’ e anche a prezzi alti, come ho dimostrato con le pesche a 5,50 al kg…Quanto ai prezzi corrisposti alle imprese ogni tanto si riparla di prezzo minimo garantito; c’è anche una raccolta firme online che sta raccogliendo migliaia di adesioni. Poi c’è una legge sulle pratiche sleali che dovrebbe garantire il famoso ‘prezzo minimo’.  Tutto questo può funzionare?  Io resto molto scettico. E’ dai tempi dell’editto di Diocleziano sui prezzi (300 dopo Cristo) che decidere i prezzi a tavolino non serve a niente. E chi dovrebbe decidere il prezzo minimo? Il ministero, l’Ismea? E su quali basi, con mercati volatili e i prezzi che cambiano ogni giorno. E chi controlla? E chi dovrebbe fare le denunce: il singolo produttore o coop, col rischio di venire tagliato fuori per sempre dalla catena? Ma mi faccia il piacere…diceva Totò”.
Da queste mie conclusioni è facile capire cosa penso della campagna antinflazione per quanto riguarda l’ortofrutta: se si congela l’ultimo miglio dei prezzi, c’è il rischio che il taglio si ripercuota a ritroso sulla catena del valore danneggiando aziende produttive tuttora alle prese con un aumento dei costi incomprimibile e con cali produttivi importanti. Quindi delle due l’una: o si riducono ancora i margini aziendali uccidendo aziende già semi-moribonde, oppure il ‘paniere tricolore’ per l’ortofrutta sarà acqua fresca, qualche iniziativa ‘civetta’ giusto per onore di firma. Promozioni locali, appunto.


*Direttore del “Corriere Ortofrutticolo” - http://www.corriereortofrutticolo.it/