Perché il pomodoro è diventato rosso

Il segreto di un grande successo gastronomico

di Giovanni Ballarini
  • 20 September 2023

Il colore dei frutti è da tempo al centro di molti studi e l’ipotesi più comune è che abbia una funzione ecologica e si sia differenziato ed evoluto per facilitare la loro individuazione e scelta da parte degli animali che disperdono i semi. Un processo molto antico e che, a parte forse degli insetti (480 milioni di anni fa), ha uno sviluppo con i dinosauri durante il periodo Giurassico (200 – 150 milioni di anni fa) e quando compaiono in primi uccelli e mammiferi che poi, quando i dinosauri si estinguono, riescono ad adattarsi ai mutamenti ambientali e a sopravvivere. Solo recentissimamente compaiono animali primati frugivori e infine gli ominidi e tra questi la nostra specie che inizia a coltivare alcuni vegetali dei quali s’interessa anche per il loro colore che inoltre può essere diverso da quello visto dalle specie animali che ci hanno preceduto. Inoltre uno stesso frutto può essere meglio individuato e usato come cibo, disperdendone poi i semi, da animali con capacità visive diverse. Importante è inoltre l’ambiente perché la visibilità del colore di un frutto dipende anche dal contrasto visivo con i colori dello sfondo e in modo particolare con quello delle foglie. Per questo il semplice concetto di una selezione del colore dei frutti da parte degli animali ora indicato in realtà è estremamente complesso e quindi il tipo e intensità di colore dei frutti che derivano dalla selezione da parte di animali è una quuestione a lungo dibattuta e oggetto di ricerche (Omer Nevo, Kim Valenta, Diary Razafimandimby, Amanda D. Melin, Manfred Ayasse and Colin A. Chapman - Frugivores and the evolution of fruit colour – Royal Society Publishing 23 June 2023).
A tutto ciò si aggiunge che con la comparsa dell’uomo il colore di un frutto, soprattutto se di pianta coltivata, non è più soltanto funzionale a una sua individuazione, ma ha anche altre attività prima simboliche e poi recentissimamente funzionali, come dimostra il caso di un pomodoro che da giallo come l’oro (pomo d’oro) diviene rosso come il sangue della carne.
Molti sono i colori del pomodoro selvatico e delle prime coltivazioni precolombiane: rosso, rosa, arancione, giallo, bianco, verde, marrone, viola, blu, multicolore o screziato. Non sappiamo con certezza quali fossero i colori dei primi pomodori che arrivano in Europa, ma un certo successo hanno quelli gialli che ricorda l’oro ricercato dai conquistatori delle Nuove Indie. Per questo colore giallo i pomodori hanno una funzione ornamentale e non alimentare, come dimostra la loro rappresentazione nel festone nel 1545 dipinto a Firenze nella Sala Udienze di Palazzo Vecchio da Francesco de’ Rossi detto il Salviati (1510 – 1563). Solo nel XVII secolo il pomodoro entra in cucina, quando Antonio Latini (1642 – 1696) nel Lo scalco alla moderna (1692 – 1694) lo usa nella salsa alla spagnola. Seguiranno poi Francesco Gaudentio che nel Panunto Toscano (1705) inserisce una ricetta col pomodoro, Vincenzo Corrado (1736 – 1836) che nel Il cuoco galante (1773) propone numerosi utilizzi del pomidoro e Ippolito Cavalcanti (1787 – 1859) che nella Cucina teorico-pratica (1837) in seconda edizione (1839) nell'appendice Cusina casarinola co la lengua napolitana descrive i vermicelli con le pommadore.
Mentre in tavola come insalata vi è il pomodoro verde soprattutto screziato, in cucina nettamente domina il pomodoro di colore rosso perché il suo sugo imita quello della carne. Il rosso è anche il colore del fuoco e del sangue, simboleggia le forze vitali primordiali, vi è l’idea del “sangue che dà la vita” e si preferiscono i cibi che anche cotti mantengono un bel colore rosso, come quello fornito dal pomodoro di questo colore. Il colore rosso del pomodoro deriva dal licopene presente soprattutto nella parte più esterna del mesocarpo e buccia, circa cinquanta milligrammi per chilogrammo, mentre solo tre milligrammi vi sono in un chilogrammo di pomodori gialli.
Odiernamente il pomodoro rosso, fresco, trasformato e conservato ha un consumo annuo italiano di circa diciotto chilogrammi pro capite. Questo successo che precede anche le recenti ricerche sulle sue attività nutraceutiche è da riferire al fatto che il pomodoro rosso è contemporaneamente bello, buono e bravo perché in esso vi è la simultanea presenza e interazione tra colore rosso, gusto umami, potere emulsionate, acidità.
Importante è il rosso colore del pomodoro che rimane sufficientemente stabile con la cottura, inducendo a creare salse con il pomodoro o aggiungerlo a qualche frattaglia o a poca carne per imitando i sughi ottenuti dalla rara e preziosa carne. Il pomodoro è buono e trasferisce questa sua bontà ad altri cibi perché ha un’alta concentrazione di acido glutammico libero, presente particolarmente nella polpa vicino ai semi, unitamente al 5'-adenosin monofosfato (AMP) stimolatore del gusto umami (Maria-Jose Oruna-Concha, Lisa Methven, Heston Blumenthal, Christopher Young, and Donald S. Mottram - Differences in Glutamic Acid and 5'-Ribonucleotide Contents between Flesh and Pulp of Tomatoes and the Relationship with Umami Taste - J. Agric. Food Chem., 55 (14), 5776 -5780, 2007). Questa bontà del pomodoro giustifica la sua presenza nelle cucine americane precolombiane e il suo straordinario successo in tutte le cucine. Il pomodoro è anche bravo perché la sua conservazione è agevolata dalla acidità della sua parte liquido-gelatinosa che racchiude i semi dove sono presenti diversi acidi organici (acido citrico, malico, succinico, gluteninico e ossalico) che contribuiscono al suo sapore, ma soprattutto alla sua conservazione, unitamente all’acidità che può derivare dall’acido lattico che si forma dalla fermentazione dei suoi zuccheri semplici (glucosio e fruttosio). Il pomodoro è bravo in cucina per il suo buon potere emulsionante perché contiene pectine, cellulosa, emicellulosa e lignina che danno compattezza alle sue salse e condimenti incorporando oli e grassi.
Il segreto del grande successo gastronomico del pomodoro non è più un ministero e, al di là di sue attività nutraceutiche, risiede nella singolare interazione dell’essere buono con il suo spiccato gusto umami potenziato dall’AMP, bravo nella conservazione e nelle tecniche di cucina e, il che non guasta, bello per il colore rosso che imita quello della carne.