Cambiamento climatico e selezione in apicoltura

di Giulio Pagnacco
  • 01 February 2023

Nel toccare i diversi aspetti che rientravano tra gli obiettivi, il Convegno di chiusura del Progetto BEENOMIX 2.0 (PSR 2014 – 2020 di Regione Lombardia), ha fornito qualche spunto interessante circa la vexata quaestio della mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici in apicoltura. Di tutti gli animali che l’uomo alleva forse sono proprio le api quelle che risentono maggiormente dell’impatto del clima impazzito. Abbiamo inverni brevi e miti che finiscono troppo presto e incoraggiano le colonie di api a iniziare in anticipo una vigorosa deposizione di covata in modo da disporre di un numero di bottinatrici all’altezza degli attesi raccolti primaverili. Ma è una falsa partenza. I mesi primaverili che seguono possono essere freddi, piovosi oppure così secchi da inibire quella abbondante secrezione di nettare che è il punto di partenza per una generosa produzione di miele. Le covate troppo copiose e precoci che, fino a pochi decenni fa, permettevano alla nostra benemerita varietà Ligustica di Apis mellifera di produrre nell’ambiente mediterraneo raccolti da record oggi sembrano controproducenti. Tanta covata significa tanta energia per tenerla calda ed alimentarla. Tutto bene se poi le fioriture primaverili, tipicamente l’acacia (Robinia pseudoacacia), potevano giovarsi di uno sterminato popolo di bottinatrici, capaci di portare a casa raccolti straordinari. Se però questi mancano le colonie si trovano spiazzate e a rischio di collasso per fame. Diventa necessaria una nutrizione di soccorso proprio nel momento in cui dovrebbe esserci la massima abbondanza di nettare e polline da raccogliere. Nutrizione che lo scorso anno ha superato spesso il chilo di sciroppo per chilo di miele prodotto. Un fatto che espone l’apicoltore che salva la vita alle sue colonie al rischio di passare per adulteratore del miele, se mai vi si trovassero tracce dello sciroppo. Coi tempi che corrono quindi gli apicoltori più avveduti hanno capito che è giunto il momento di plasmare l’operoso insetto in modo da renderlo resiliente al disastro climatico che si annuncia inevitabile. La selezione deve qui agire con prontezza e il Progetto BEENOMIX 2.0 ha indicato un paio di strategie che meritano di essere portate in evidenza.
La prima consiste nell’allungare la diapausa cioè il periodo invernale in cui la regina smette di deporre. Le evidenze sono che gruppi di colonie con regine sorelle si comportano in modo marcatamente diverso ad indicare che vi è una variabilità genetica importante per questo carattere da utilizzare per selezionare le madri che danno diapause più lunghe. Vi è anche naturalmente una variabilità ambientale da tenere ben presente. Famiglie che arrivano all’autunno con scorte di miele abbondanti sembra si sentano tranquillizzate nell’affrontare la stagione fredda e la regina si concede una pausa di riposo più lunga. Invece famiglie con un carico di Varroa pesante inducono la regina a non attardarsi troppo nel riprendere la deposizione. Come è noto la Varroa si riproduce all’interno delle celle dove si sta sviluppando la pupa: è evidente che una diapausa più breve fa il gioco del parassita.
La seconda strategia punta invece su una blanda correzione del classico e imprescindibile obiettivo di selezione in apicoltura ossia la produzione di miele. Il suggerimento che viene dal Progetto e quello di costruire un semplice indicatore, anche solo fenotipico, sulla base del quale scegliere le migliori colonie da moltiplicare. Questo indicatore, accanto ad una piena enfasi positiva per la produzione di miele, dovrebbe contenere anche una leggera enfasi negativa sul numero di favi di covata contati al picco dello sviluppo intorno a fine aprile. In questo modo vengono premiate le colonie che producono tanto con meno covata. I dati sperimentali del progetto suggeriscono che, con enfasi 10 vs. -3 per miele e covata, la perdita di produzione è irrisoria, si escludono solo poche famiglie molto produttive che però hanno covate esagerate.
Il fil rouge dietro queste due strategie è quello di aumentare la longevità delle api. Con api più longeve, a parità di bottinatrici in campo, è necessaria meno covata e una regina con diapausa più lunga può contare su operaie capaci di svernare più a lungo ancora perché più longeve. La catena di correlazioni che i risultati del progetto mettono in evidenza è che ad una diapausa più lunga corrispondono colonie con meno favi di covata, ma con un po’ più di miele.
Gli andamenti stagionali degli ultimi anni suggeriscono quindi di puntare su colonie capaci di svilupparsi rapidamente al momento del raccolto, ma sostenute da una covata contenuta. A questo scopo è utile una blanda selezione contro le covate eccessivamente sviluppate. Chi punta a raccolte tardive (tiglio o castagno) o a fioriture alpine ha una ragione in più per selezionare contro covate anticipate ed eccessivamente sviluppate. Puntare su una covata vigorosa e anticipata, può certamente dare un raccolto eccezionale per l’Acacia, ma con i recenti andamenti stagionali si può rischiare di perdere tutto. Sta forse profilandosi un vero e proprio cambio di strategia in apicoltura.