Un coleottero polifago

di Santi Longo
  • 12 October 2022

Si sono esaurite in Sicilia le segnalazioni primaverili delle presenze di adulti di un coleottero, da tempo noto anche agli agricoltori siciliani come Fetula, Fitulina, Addinedda e Jaddinedda. Si tratta del Crisomelide Labidostomis (Labidostomis) taxicornis (Fabricius, 1792) che è una delle circa quaranta specie del genere Labidostomis istituito da Germar nel 1817.
Le peculiari caratteristiche morfologiche degli adulti ne rendono immediata la differenza dai Coccinellidi con i quali viene spesso confuso dagli agricoltori e facilitano il riconoscimento dei due sessi. Il corpo è lungo fino a 12 mm, di colore nero con riflessi azzurri metallici; le antenne di 11 articoli sono dentate, il pronoto è crenulato lateralmente. Le elitre, oblunghe di colore giallo rossastro, sono prive di macchie e, come il pronoto, sono punteggiate; i maschi hanno le zampe anteriori lunghe circa il doppio di quelle delle femmine e sono dotate di unghie che vengono utilizzate per ancorarsi e trattenere le compagne durante l’accoppiamento che avviene sulle piante nutrici. Le femmine fecondate si trasferiscono su varie essenze erbacee dove, aiutandosi con le zampe posteriori, depongono alcune uova ciascuno dei quali viene avvolto da escrementi a formare una sorta di astuccio detto scatoconca; l’uovo è munito di un filamento che lo ancora al substrato insieme alle altre uova del medesimo gruppo. Nonostante tali accorgimenti le uova vengono parassitizzate dall’imenottero Triccogrammatude solitario Bloodiella andalusiaca Nowicki, 1935; che vive anche a spese delle uova del Crisomelide Clitrino Macrolenes dentipes (Olivier,1808).
La larva neonata dl Labidostoma rimane nella scatoconca dove, così protetta, completa lo sviluppo durante il quale la ingrandisce adattandola alle sue crescenti dimensioni corporee. Così protetta la larva viene parzialmente fuori per alimentarsi delle sostanze organiche presenti al suolo, spesso in prossimità di formicai. Si muove a scatti tirando fuori le zampe dalla protettiva scatoconca. In situazioni di pericolo ritira il corpo nell’astuccio e lo tappa con il robusto cranio. All’interno della scatoconca, che diventa la sua camera pupale, la larva matura compie la ninfosi e l’adulto neoformato rimane immobile per qualche tempo prima di uscire all’esterno.
L. taxicornis è ampiamente diffusa in Italia e nell’Europa meridionale dove, gli adulti neosfarfallati si radunano su numerose piante per accoppiarsi e alimentarsi della nuova vegetazione. Con le robuste e ricurve mandibole dell’apparato boccale causano erosioni a vari cereali, ai petali di rosa nonché a foglie e fiori di numerose piante arboree soprattutto Querce, Tamerici. Salici e occasionalmente Pistacchio, Agrumi, Vite e Mandorlo. Ospiti particolarmente graditi sono le Rose e la Jojoba (Simmondsia chinensis Link) C. K. Schneid., una Buxacea (o Simmondsiacea) originaria del Messico meridionale, dell’Arizona e di zone desertiche limitrofe. Tale arbusto legnoso alto da uno a due metri nel secolo scorso è stato introdotto e coltivato in alcune zone dell’Europa meridionale, dove, già nel secolo scorso sono state segnalate erosioni causate dal crisomelide che, periodicamente, si ripetono con intensità differente ma ben tollerate dalle piante. Considerata l’occasionalità delle infestazioni, che raramente causano gravi defogliazioni, di norma non vengono attuate misure di controllo demografico.

FOTO:  Adulti di L .taxicornis su mandorlo