L’interfaccia pianta - terreno: il ruolo della metà nascosta

di Giuliano Mosca
  • 12 October 2022

In regime di “climate change” i viventi che non si adattano tendono a soccombere. Quando, come e quanto la radice possa influenzare l’adattamento delle piante coltivate al cambiamento climatico non è facile a dirsi. Della radice e dell’intero apparato radicale conosciamo ancora troppo poco, nonostante il ruolo e le funzioni del sistema radicale siano particolarmente rilevanti.
È ben noto come la meccatronica e la robotica si siano inserite di prepotenza nell’agricoltura di precisione proprio nella fase di transizione verso la digitalizzazione. Quanto più a fondo indagheremo sulla radice, nonostante le difficoltà finora emerse nella fase di ricerca, tanto migliori saranno i successi raggiungibili nell’applicazione del “precision farming”. Ma ancora, sempre in ambito ricerca, è indispensabile affrontare dei temi più specifici quali:
radice e sviluppo del sistema radicale
approccio di fenotipizzazione radicale
fisiologia dello stress radicale
interfaccia suolo-radice e comunicazione sotterranea
interazioni "radice-microrganismi"
relazioni con acqua e nutrienti
tecnologie di analisi d'immagine per le funzioni radicali
modellazione dei processi radicali e rizosfera
sistemi di radici innestate e comunicazione intra-impianto
servizi ecosistemici/sistemi radicali perennanti.
Questi sono i temi discussi nel 2021 dall’International Society of Root Research (ISRR) in occasione dell’ultimo convegno tenutosi presso l’Università del Missouri Columbia, Missouri, US. Per questi motivi è stato scelto di discutere questo tema che si ritiene possa essere chiarificatore di tanti aspetti pregnanti e migliorativi in termini di sostenibilità reale, tra transizione ecologica e transizione digitale.

Il ruolo della radice
Il ruolo strategico delle radici delle piante ha sempre destato una notevole curiosità, in quanto coinvolto in numerosi processi che incidono sia sul miglioramento quanti-qualitativo della produzione vegetale, sia sulla sua sostenibilità ambientale. L’interesse per quest’ambito di indagine è tutt’ora attuale e la ricerca incentrata sullo studio delle radici appare oggi orientata in modo sempre più puntuale alla conoscenza delle reciproche interazioni tra parte aerea e pedosfera e la “metà nascosta” della pianta. Le nuove conoscenze sugli apparati radicali che da molte parti fanno irruzione nel campo delle Scienze Agrarie non si sommano a quelle proprie delle singole discipline (agronomia, arboricoltura, ecologia vegetale agraria, ecofisiologia etc.), ma le trasformano e le arricchiscono, consentendo una visione più aggiornata e moderna dei vari problemi delle tematiche agro-ambientali (*). È ben noto come la radice svolga un ruolo chiave in numerosi processi fondamentali, tra cui l’organizzazione dell’intero sistema radicale, l’assorbimento dei nutrienti, le simbiosi microbiche/micorriziche, gli essudati emessi e le molteplici risposte adattative agli stress. Le radici delle piante superiori svolgono un ruolo chiave nei principali servizi di supporto ecosistemici, come la genesi del suolo, i cicli biogeochimici e la creazione di habitat per una presenza di biota estremamente diversificati. L’accrescimento delle radici è fondamentale ai fini dell’adattamento ambientale e della tolleranza della pianta a situazioni di stress, come quelle rappresentate dalla siccità o al contrario da eccesso idrico, salinità, scarsa fertilità o inquinamento dei suoli. Grazie al loro apparato radicale le piante possono vantare una notevole capacità di intercettazione di fitonutrienti ed altri ioni minerali dalla rizosfera, che si traduce in una capacità di estrazione di nutrienti quantificabile annualmente e complessivamente per tutti i vegetali in 5 miliardi di tonnellate di minerali. Se confrontato con l’estrazione antropica, il rapporto tra le due entità si stabilizza su 5:1 a favore delle piante. Il mondo vegetale dunque è in grado di utilizzare molte più sostanze minerali dell’uomo.

L’accrescimento radicale
L’accrescimento si esprime attraverso la sua stima ponderale e il rapporto “shoot/root”, la lunghezza radicale e il numero di radici, la superficie, il diametro e il volume radicale, l’approfondimento e il volume di terreno esplorato, la capacità di ramificazione e per poterlo infine rappresentare tramite dei modelli di accrescimento.

La dimensione radicale 
In natura esiste un mondo liscio o rugoso? Nel mondo i frattali sono importanti dato che non sono appunto presenti dei bordi lisci. Il mondo nel quale viviamo si caratterizza per la presenza di rugosità e spigolosità irregolari, mentre le superfici lisce sono una eccezione. Si sono accettate forme appartenenti ad una geometria piana (euclidea) che descrive solo forme che ben di rado, se non mai, si trovano nel mondo che ci circonda. La geometria euclidea descrive forme ideali come il quadrato, il cerchio, la sfera. Nella vita reale incontriamo certamente queste forme, ma esse, afferma il matematico Benoit Mandelbrot, per lo più derivano dall’opera della mano dell’uomo (edifici, scatole…) e non della natura. I frattali rivelano una nuova area della matematica che ha a che fare in maniera diretta con lo studio della natura.
La natura si presenta con forme non uniformi e con bordi ruvidi. Le nubi non sono sferiche, la corteccia degli alberi non è liscia, i fulmini non viaggiano in linea retta, le montagne non sono perfettamente coniche, i bordi delle coste non sono semicerchi. La geometria frattale è quella del mondo naturale (animale, vegetale, minerale).
Il termine «frattale», proposto da Mandelbrot nel 1975, deriva da «fractus» che esprime l’idea di discontinuità, frammentazione, interruzione. La geometria frattale è la geometria delle forme irregolari che si riscontrano in natura. I frattali sono caratterizzati da un dettaglio infinito, una infinita lunghezza e assenza di parti lisce come ad esempio la radice. La dimensione frattale può spiegare numerosi processi naturali. La caratteristica fondamentale degli oggetti frattali è l’autosimilarità: una forma autosimile è composta da una forma base che si ripete su scala infinita. Tutto ciò comporta non poche difficoltà nel dimensionamento sperimentale delle radici.

Metodi di studio delle radici
Il sistema radicale è una sorta di universo sconosciuto non sempre facile da osservare e misurare. Pertanto i ricercatori più virtuosi continuano e cimentarsi nella realizzazione e perfezionamento di nuove metodologie di studio. I metodi di studio degli apparati radicali si suddividono in conservativi e distruttivi. Le prime indagini sulla morfologia dell’apparato radicale risalgono all’inizio del diciottesimo secolo e furono realizzate con tecniche distruttive (Böhm, 1979). L’interesse alla dinamica di accrescimento e sviluppo delle radici e la necessità di migliorare i sistemi di osservazione ha condotto nel tempo al perfezionamento delle metodologie esistenti e all’introduzione di altre ex-novo. Le modalità d’impiego di ciascun metodo sono state ampiamente descritte in letteratura (AA.VV., 2000)
In situ, ad esempio, le immagini delle radici catturate dai minirizotroni sono uno strumento vitale negli studi moderni sulla salute delle piante, lo sviluppo e la risposta all’acqua e ai nutrienti. Con l'aiuto di un software di analisi d’immagini, ottenere il massimo dalle immagini della radice è ora più facile che mai. Di recente sono stati progettati dei software per consentire un elevato livello di precisione nella funzionalità, la navigazione e l'applicazione.
A fini produttivi, tranne nei casi di attacchi parassitari, la credenza che “per ottenere una resa elevata non è sempre indispensabile un apparato radicale molto sviluppato”, viene invece oggi contraddetta dall’affermazione più realistica che afferma: “in genere il motivo di una scarsa resa produttiva è da porre in relazione ad un apparato radicale assai ridotto, stressato e/o non protetto”. Un aumento della lunghezza radicale in teoria comporta un incremento della resa della coltura secondo un modello lineare, ma la correlazione appare però assai modesta. Questa constatazione trova la sua motivazione nel fatto che lo sviluppo radicale e la produzione agraria sono due eventi posti lontani nel tempo: di fatto la resa si forma, tramite le sue principali componenti, durante alcune ben specifiche fasi fenologiche, mentre l’accrescimento radicale segue ritmi di formazione differenti. Lungo il ciclo vegetativo possono verificarsi attacchi parassitari o fenomeni di stress che, in funzione della loro intensità, tendono a scollegare i due parametri. Quindi una buona dimensione dell’apparato radicale rappresenta una ottima, ma non sufficiente, premessa per raggiungere delle elevate rese di prodotto. Quanto detto è la testimonianza dei notevoli progressi di conoscenza compiuti in chiave radicale e di sostenibilità dei vari fenomeni biologici che incidono nel miglioramento quali-quantitativo delle produzioni vegetali.

(*) Il presente contributo deriva da una cospicua attività di ricerca realizzata presso il “Laboratorio degli apparati radicali” di DAFNAE (Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse naturali e Ambiente) dell’Università di Padova i cui risultati sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali in ben tre decenni di ricerche.