La formazione universitaria nella scuola di agraria: 50 anni di evoluzione del settore agronomico

di Giuliano Mosca
  • 29 June 2022

“Chi più sa più vale” affermava Randolph Frederick Pausch (1960-2008) informatico e accademico statunitense presso la Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Pennsylvania. Una asserzione quanto mai valida oggi dato il periodo di radicale cambiamento cui siamo sottoposti. Per reggere al meglio ad un tale sconvolgimento di ruoli, innovazioni e saperi è indispensabile cercare di allinearsi con delle nuove esigenze culturali e lavorative; occorre cioè fare formazione, meglio se continua. I convegni SIA (Società Italiana di Agronomia) hanno contribuito e contribuiscono tutt’ora allo sviluppo della formazione degli Agronomi giovani e diversamente giovani. Considerata la cadenza con cui vengono organizzati, i convegni SIA fanno parte della formazione continua e dato che fino ad ora ne sono stati celebrati 50, merita fare il punto anche sotto questo profilo.

L’evoluzione della didattica

Al momento della fondazione della SIA la formazione universitaria, vero centro d’azione di gran parte dei suoi soci, vedeva presenti 12  sedi universitarie nel territorio nazionale che avevano attivato il corso di Scienze agrarie quadriennale, ad eccezione  dei corsi di Scienze forestali, a Firenze e a Padova, di Agricoltura tropicale, ancora a Firenze. A partire dagli anni ‘70 le sedi ospitanti corsi del settore  sono via via aumentate fino alle attuali 23 prevedendo la trasformazione dei corsi in durata quinquennale.  Con l’attivazione delle Scuole dirette a fini speciali e poi in modo più marcato con l’affermazione dell’autonomia delle università, gli indirizzi si sono moltiplicati, risultando in numerosi casi assai pletorici perché derivati più dal raggiungimento  di equilibri interni, che da reali e misurabili esigenze di nuova conoscenza e del mercato del lavoro.  A partire dal primo decennio del nuovo secolo si è tentato di porre ordine a questa situazione per arrivare a trasformare i corsi quinquennali a ciclo unico nell’attuale ripartizione 3 + 2 tra primo e secondo livello e passando la specializzazione trasversale o professionalizzante ai Master annuali, a loro volta di primo o di secondo livello. Puntualmente i soci SIA universitari, in varie occasioni, si sono riuniti per discutere gli aspetti più critici per la didattica. Particolare attenzione  merita attribuire alla prevalente visione unitaria che la Società ha voluto porre nella conservazione dell’unicità del Settore Scientifico Disciplinare (SSD AGR/02), che al momento della riforma normativa, quando ci venne offerta la possibilità di suddividerlo tra Agronomia e Coltivazioni erbacee, prevalse la linea unitaria in contrapposizione a quanto avvenne per tanti altri settori. Alla luce di quanto è avvenuto, tale scelta ha permesso di conservare una visione di sistema prevalente che ha sempre influenzato positivamente gli indirizzi didattici dei più diversi corsi.

Evoluzione dei contenuti dei corsi di studio
Partendo dalla didattica formale celebrata da sempre nei nostri Atenei nell’ambito dei vari Corsi di studio, si può constatare come in pochi anni sia cambiato tutto.
Ora siamo di fronte a dei nuovi scenari evolutivi tra cui merita ricordare:
    • Nuovi approcci culturali su agricoltura, ambiente e alimentazione
    • Nuove dinamiche competitive
    • Cambiamenti tecnologici
    • Evoluzione normativa
    • Internazionalizzazione della formazione
    • Aumento esponenziale delle conoscenze che “raddoppiano ogni 10 anni”, per cui nell’ambito delle ore prefissate si dicono meno cose rispetto a quelle che si potrebbero dire
    • Maggiore attenzione ad una didattica problem solving
    • Maggiore attenzione agli aspetti ambientali, di filiera e digitali.

In relazione all’evoluzione normativa alcuni interrogativi vengono immediatamente alla memoria:
    • Il passaggio dai 4 ai 5 anni di corso e poi al 3+2 è stata una vera conquista?
    • L’autonomia attribuita agli Atenei e ai Dipartimenti: come è stata gestita?
    • Troppi insegnamenti per le forze docenza messe in campo?     
    • Troppe discipline per corso e quindi troppi esami?  (spezzatino del sapere)
    • Insufficiente evoluzione verso una didattica impostata su una maggiore progettualità anziché sulla sola teoria.
Cosa è venuto a mancare quando alcuni CFU ad un certo momento vennero blindati dal Ministero su richiesta di matematici, fisici e chimici? Di certo i corsi propedeutici di formazione prossima a quella necessaria per un agronomo, tra cui la Botanica generale, la Botanica sistematica e la Zoologia ad esempio e altre ancora, sono stati ridotti all’essenziale. Mentre d’altra parte dei corsi tipo “Storia dell’innovazione in agricoltura” e/o “Fondamenti di epistemologia e principi dell’agricoltura”, cioè una riflessione intorno ai principi e ai metodi della conoscenza scientifica, non risultano essere mai stati attivati.
Ai post-doc che intendano fermarsi all’Università prima di passare al ruolo di Ricercatore occorrerebbe offrire loro delle nozioni di “Metodologia didattica”, formazione che deve essere impartita da un docente dell’area umanistica.

Quale tipo di lezione
A questo punto merita chiedersi quale lezione-tipo impartire agli studenti in rapporto agli strumenti disponibili e alle più diffuse modalità di comunicazione?
    • Meno ore frontali e più strumenti di lettura con video depositati su piattaforme didattiche (es. Moodle)
    • Coinvolgere in lezioni a distanza più esperti esterni con brevi seminari specialistici.
    • Favorire un apprendimento più critico: introdurre prove in itinere sotto forma di reaction paper su temi di attualità.
Attenzione però a non fare dei “minestroni”: la rotta del corso non deve essere mai perduta dal docente.

Quando si fa FORMAZIONE quali caratteristiche considerare

Serendipità significa la capacità di rilevare e interpretare correttamente un fenomeno occorso in modo del tutto casuale durante una ricerca scientifica orientata verso altri campi d'indagine. Trasponendo il concetto alla didattica significa invece che frammentando troppo l’argomento della lezione si distoglie l’attenzione dal tema principale. La formazione deve essere caratterizzata da semplicità, metodo, efficacia, equilibrio, analisi, motivazione e valore.
Durante i primi 50 anni della SIA abbiamo assistito ad uno straordinario cambiamento evolutivo in tutti i sensi. Rispetto agli anni ‘50-’60 ora siamo in presenza di scenari evolutivi e nuovi paradigmi della formazione: da un approccio in cui il docente guardava quasi esclusivamente al passato, siamo giunti ad un’analisi del modello didattico svolta a trecentosessanta gradi, in un’ottica prospettica.

(Il sostantivo “serendipità” deriva dalla legenda/storia di Serendippo, città dell’Asia minore da cui partirono tre principi con una certa destinazione, ma strada facendo si dispersero attirati da altri interessi, mancando così l’obiettivo prefissato).

Formazione e informazione
Con il passare del tempo dalla scuola dell’obbligo sono arrivati alla Università studenti sempre più informati e meno formati. Durante l’attuale transizione verso il digitale almeno una parte degli studenti oggi appaiono più esigenti, interattivi, interconnessi.
Riguardo ai docenti, si è assistito ad un importante cambio di età media e di mentalità.       Dal docente monocratico, contornato da assistenti incaricati o semplici assistenti, si è assistito ad una graduale scomparsa degli assistenti e sono arrivati i Professori Associati, poi sono comparsi i Ricercatori. I giovani Ricercatori sono apparsi molto specializzati ma spesso isolati dal mondo operativo. In generale, questa tendenza tende a rafforzarsi.

Quale lingua utilizzare per una didattica moderna
Occorre proporre due soluzioni per rispondere a diverse esigenze: organizzare dei corsi in lingua inglese se è presente una struttura di accoglienza e per corsi di alto profilo scientifico e tecnico. Corsi in italiano invece per attività professionalizzanti specie in lauree di primo livello e insegnamenti misti costruiti con  lezioni in italiano e predisposizione di relazioni redatte dagli studenti, con seminari e letture in lingua inglese.
Una riflessione riguarda le recenti direttive ministeriali che spingono le università a programmare dei corsi di laurea in lingua inglese. Alcune opzioni sono risultate delle ottime scelte. A detta dei vari ministri che si sono succeduti al MiUR, questa opzione favorisce l’internazionalizzazione, attraendo studenti dall’estero e permettendo agli Atenei di collocarsi in posizioni migliori nelle graduatorie internazionali. Si potrebbe obiettare che, se pochi studenti stranieri  vengono in Italia, è più per la scarsità di risorse e infrastrutture adeguate che per l’ostacolo della lingua; è tuttavia indubitabile che i docenti italiani abbiano preparato e ancora preparino, attraverso  corsi di laurea tenuti in italiano, persone che hanno occupato e occupano posizioni prestigiose in tutto il mondo.
In un contesto di crescente internazionalizzazione, alcuni Atenei hanno individuato tra le loro priorità la formazione in ambito linguistico e interculturale, elementi necessari per garantire un'elevata qualità della didattica e dei servizi offerti agli studenti e a tutto il personale, in ambito internazionale.
Ancora una volta varrebbe la pena di rimeditare sulla grande lezione di Galileo, ad un tempo scienziato e socio della Accademia della Crusca.

Dove studiare?
I libri di testo cambiano in funzione dell’evoluzione delle conoscenze della ricerca e delle tecnologie di comunicazione. Oggi merita studiare su testi cartacei e on line.
D’altra parte, chi scrive per didattica non sempre lo sa fare. Citare è corretto, copiare no e non sono più accettabili i così detti “copiator dei copiator d’Omero”. Talvolta gli appunti del docente vengono venduti via web perché i libri costano cari, oppure sono datati se non del tutto assenti.
La scarsa disponibilità di libri di testo aggiornati è anche imputabile al fatto di non tenere in alcun conto della produzione di testi per didattica nell’ambito della valutazione dei docenti (VQR) tutta incentrata sulla sola produzione di prodotti della ricerca. Se non sarà rivista questa norma entro breve, il ricambio dei libri di testo cesserà o passerà di mano.
La diffusione di tirocini pratico-applicativi e di esercitazioni interdisciplinari è consigliata.
Anche l’evoluzione degli strumenti per didattica ha favorito il cambiamento rispetto al passato.  Dagli anni ’60, durante i quali si ricorreva ad appunti annotati su carta, ritagli incollati e scrittura manuale a volte di forma molto incerta, si è transitati, attraverso l’uso intermedio di lavagna luminosa, pennarelli e trasparenti, ai PC portatili e ai power point e all’uso di indicatori statistici. Con l’avvento poi delle nuove generazioni digitali i laptop, i notebook e gli smartphone si sono ampiamente diffusi per collezionare grafici ed  immagini o brevi filmati proiettati in aula su più schermi. Nel 2020-21 è stato giocoforza arrivare alla didattica a distanza (DAD). Tuttavia, per una buona didattica a distanza si sono rese maggiormente indispensabili puntualità, chiarezza espositiva, capacità di sintesi, ottima qualità di presentazione per immagini. Da ultimo i numerosissimi e quasi quotidiani webinar con analoghe caratteristiche.

Formazione post-laurea
Merita sottolineare quanto la SIA si sia prodigata nell’organizzare dei corsi specialistici al proprio interno. Questa attività dedicata soprattutto ai più giovani si è rivelata essere molto produttiva e ben finalizzata. Tra i vari corsi/seminari specialistici merita citare il gruppo del CNR, denominato GRUSI (Gruppo Studi Irrigazione) avviato dal Prof. Luigi Cavazza che con costanza e competenza ha proseguito per numerosi anni nella sua proficua attività. A proposito della formazione continua, l’esigenza di aggiornamento che viene richiesta evidenzia la particolare attenzione a non reiterare quello che si è già impartito nei corsi curricolari. Il target in questo caso è ben altro!
I docenti impegnati nel corso di “Coltivazioni erbacee” a mio parere dovrebbero raccontare “la storia di un prodotto agricolo”, partendo dal campo, sapendo che l'agricoltura italiana è evoluta e sana, ai primi posti nelle classifiche UE per la sicurezza delle proprie produzioni. In altre parole dovremmo rendere consapevoli gli studenti e i consumatori che produciamo specialty e non solo commodity. Ma non sempre ci si riesce.

I corsi professionalizzanti
Oggi nell’azienda agraria è richiesta una elevata professionalità e di recente sono stati attivati dei “Corsi professionalizzanti” (es. “Agricoltura biologica” a Padova) con molte ore di attività pratica da svolgere in azienda. Purtroppo risulta difficile trovare delle aziende ospitanti dato che gli studenti cercano sempre l’indirizzo più vicino a casa per risparmiare tempo e oneri di trasporto.
E’ stato preannunciato che per il prossimo anno accademico è prevista l’attivazione di circa 15 nuovi corsi professionalizzanti. In particolare nella sede di Cremona, il Politecnico di Milano e la Cattolica di Piacenza pensano di attivare un corso magistrale sulla meccatronica.  
 
In conclusione si ricorda una frase celebre di Gianni Rodari che a mio avviso calza bene con il tema in discussione:  
“QUELLO CHE NON SI SA E’ SEMPRE PIU’ IMPORTANTE DI QUELLO CHE SI SA GIA’ “.