Tecnologia crescente nell’uso della legna

di Lapo Casini
  • 18 February 2015
Come già per altre statistiche nazionali, anche il consumo italiano annuo di legna da ardere è un macro-dato oggetto di quantificazioni molto diverse a seconda di chi le elabora e del metodo.
E al pari delle altre statistiche, il numero assoluto può essere eloquente o restare muto a seconda di come viene inquadrato e interpretato rispetto al contesto. Allora senza dar spazio ai numeri resta il fatto che per tutta Italia la grande distribuzione di vegetazione legnosa, nelle formazioni più varie (boschive, agricole, campestri, ripariali ecc) genera un capillare flusso di legno usato come combustibile; quando non si tratti di autoproduzione e autoconsumo - modalità comunque degna di attenzione a scala privata e aziendale - siamo più propriamente nell’ambito della legna da ardere merceologicamente intesa, e commercialmente lavorata, anche come core business di specifiche attività economiche: aziende agricole,  ditte boschive artigiane, autotrasportatori, magazzini e dettaglianti.
La produzione nazionale di questa materia prima al netto della relativamente modesta quota di importazione è di milioni di tonnellate. Va da sé che nei territori rurali del nostro Paese la legna da ardere rientra nel mix di soluzioni che i residenti adottano per il riscaldamento degli ambienti e per il comfort abitativo, insieme a combustibili fossili, corrente elettrica, pannelli solari termici e magari altre forme di legno-energia come il pellet.
C’è futuro per la tradizionale legna da ardere? Sì, a giudicare dal presente. Se infatti le scelte di politica energetica del nostro Paese ormai da decenni - come nel caso della metanizzazione - hanno soddisfatto città e centri urbani servendo milioni di persone, altri milioni di persone in campagna e in montagna hanno continuato ad avvalersi della legna, e da venti anni a questa parte trovano in commercio generatori termici di concezione via via aggiornata. Forse non si è trattato di una vera politica energetica per il target rurale, ma in questo caso pare che il mercato abbia fatto da sé. Sicuramente sull’efficienza di utilizzo si poteva e si potrà fare molto meglio: la rinnovabilità della risorsa legno potrebbe risultare largamente insostenibile se non si innalzerà il rendimento di combustione. Pare ovvio, ma il futuro della legna passerà dai comignoli. Anzi dalle canne fumarie e dall’efficienza di conversione, com’è tecnicamente corretto dire.
Per guardare alla legna e alle sue possibilità con occhi più tecnici, più economici e più moderni, un’occasione peninsulare (dove abbondano latifoglie e boschi cedui) è stata il  Salone professionale Italia Legno Energia, che si è svolto ad Arezzo dal 13 al 15 febbraio. Sulla scorta del più internazionale Progetto Fuoco di Verona, è stato organizzato questo match tra Utenti e Filiera, pensato per tutte le categorie che ruotano intorno alla legna. Erano presenti 120 Espositori soprattutto tra i costruttori di caldaie, stufe, termocaminetti, italiani ed esteri. Una figura professionale innovativa che è sicuramente il caso di qualificare e far lavorare anche a Sud del Po è quella del fumista (ex-spazzacamino), manutentore dotato di competenze e gravato di responsabilità civili: ad Arezzo alcune iniziative anche convegnistiche faranno il punto della situazione.



Improving technology in the use of wood

Is there a future for traditional firewood? Yes, there is, at least judging from the present situation. Even if our country’s energy policies have satisfied cities and towns for decades, as is the case of supplying millions of people with methane, millions of other people in the country and the mountains have continued to use wood and for the last twenty years more technological improved heating units have increasingly come onto the market. Perhaps it has not been a true energy policy for the rural target, but in this case it seems that the market has done everything by itself. Surely utilization efficiency could have done and can do much better: as a renewable resource, wood may prove largely unsustainable if its combustion efficiency does not improve. It seems obvious, but the future of wood will go up the chimney—or rather, up the flue and will depend, technically speaking, on conversion efficiency.