Pacciamature biodegradabili ottenute da composti polisaccaridi

Uno sguardo alla letteratura scientifica

di Federica Rossi
  • 13 April 2022

Una review pubblicata nel marzo 2021 (Menossi M, Cisneros M.,. Alvarez V.A., Claudia Casalongué  C. Current and emerging biodegradable mulch films based on polysaccharide bio-composites. A review. Agronomy for Sustainable Development (2021) 41: 53) ha messo in evidenza limiti e vantaggi della possibile sostituzione dei tradizionali teli pacciamanti con una nuova generazione di pacciamature ottenuta da polisaccaridi. La pacciamatura ha iniziato a diffondersi già alla fine della prima metà del secolo scorso con la plastica: già allora gli agricoltori avevano percepito a proprio vantaggio le capacità di isolamento, stabilità meccanica e ad alte temperature, resistenza a corrosione e degrado, allontanamento di alcuni patogeni, processamento semplice e poco costoso. Al di là delle considerazioni ecologiche-estetiche legate alla “agricoltura della plastica”, occorre rimarcare come le pacciamature abbiano un ruolo importante sulla conservazione dell’acqua, la riduzione delle malerbe, il riscaldamento del terreno ed anticipo del raccolto, qualità del raccolto, ed abbiano quindi anche attualmente un significato importante sulla sostenbilità ed efficienza dal punto di vista della gestione delle risorse.
La rimozione dei film dai campi, così come il loro riciclo, PE incluso, sono però costosi, e si assiste quindi ad accumuli a bordo campo, combustioni incontrollate, episodi di contaminazione in micro e macroplastiche. Alla fine della stagione, invece,  le nuove pacciamature potranno essere incorporate direttamente nel terreno ed essere mineralizzate senza rischi ambientali. I polimeri che le costituiscono includono polisaccaridi come amido e cellulosa fornite da piante, proteine, alginati estratti dalle alghe, chitosano dallo scheletro di artropodi e crostacei, ad esempio. Tutti quanti, comunque, sono polimeri complessi che includono molti gruppi funzionali e strutture chimiche atte a conferire un’alta versatilità, annoverando alcuni svantaggi dovuti a basse performance meccaniche e fragilità. Le regole e normative per la loro formulazione sono ben chiare, ma ci sono molti studi in atto per fare in modo di conciliare le caratteristiche richieste e le possibili innovazioni di prodotto e di processo. L’ ambizione è giungere a formulare materiali multi-fase, che comprendono una matrice continua più debole, filler ad esempio, e una a suo rinforzo unendo le proprietà favorevoli di entrambe le componenti. Ci sono ricerche che hanno studiato la degradabilità di film composti da filler come amido di mais e alghe verdi e da polivinile con matrice, o fibre di kenaf, di cotone, cera di carnauba, ad esempio. Numerosi studi di occupano quindi dell’aumentare, utilizzando nanomateriali anche a base di argille, la barriera alla traspirazione dell’acqua dal suolo, che invece la presenza di gruppi funzionali idrofili nei polisaccaridi limiterebbe. In aggiunta ai noti effetti sulla qualità, precocità e pulizia dei prodotti, gli studi si concentrano sulla capacità dei biocomposti di agire su patogeni e anche sull’innalzamento della dinamica dei microbiota del terreno, e anche quindi della loro capacità di assorbire carbonio dall’atmosfera.
Le conclusioni di questa review, che considera anche aspetti industriali ed economici, riportano una grande capacità dell’industria di formulare e produrre composti su base polisaccaridi, sia come matrice che come filler, che rispecchino gli standard internazionali richiesti, e che possano offrire ancora migliori prestazioni. Ad esempio, incorporando ingredienti repellenti per patogeni. Operando quindi, in modo favorevole, a contribuire a servizi ecosistemici.