Filiera agroalimentare e pratiche commerciali sleali: la nuova disciplina

di Ferdinando Albisinni
  • 12 January 2022

1.- La Direttiva UE e l’attuazione in Italia
Il 17 aprile 2019 il Parlamento Europeo ed il Consiglio hanno approvato la Direttiva (UE) 2019/633 sulle Pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare.
Si tratta di una disciplina originale ed innovativa, sia per la base giuridica adottata (l’art. 43.2. sul perseguimento degli obiettivi della politica comune dell'agricoltura e della pesca), sia per l’ambito di applicazione (le relazioni tra acquirenti e fornitori lungo la filiera agricola e alimentare), sia per i soggetti interessati, sia per la dimensione globale della disciplina (che espressamente investe anche soggetti aventi stabilimento o sede al di fuori del territorio dell’Unione Europea).
Il legislatore italiano, con la legge di Delegazione europea del 2019 e 2020 (L. 22 aprile 2021, n. 53, art. 7), ha delegato il Governo ad intervenire sul tema, adottando un Decreto legislativo per il recepimento della richiamata Direttiva. La delega contiene importanti innovazioni rispetto al vigente quadro disciplinare nazionale, fra l’altro individuando l’ ICQRF quale Autorità nazionale di contrasto, laddove l’art. 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, assegnava la competenza in materia all’AGCM.
Il 30 novembre 2021, infine, è stato pubblicato sulla G.U. n. 285 il Decreto legislativo di attuazione, n. 198 dell’8 novembre 2021, entrato in vigore il 15 dicembre 2021.
La nuova regolazione delle pratiche commerciali sleali conferma il Diritto agroalimentare come Diritto di filiera, che muove dall’agricoltura quale oggetto e presupposto necessario di una disciplina, che è insieme unitaria e fortemente innovativa, e si applica tanto ai prodotti alimentari ottenuti per trasformazione di prodotti agricoli, che ai prodotti agricoli non aventi destinazione alimentare.

2. La PAC come motore d’innovazione
La disciplina dell’agricoltura e le plurime finalità della PAC – rimaste a tutt’oggi immutate rispetto a quanto solennemente affermato nel TCEE del 1957 – si rivelano in misura crescente quale potente motore di innovazione nella regolazione, non soltanto dell’attività produttiva, ma dei mercati.
Con la Direttiva n. 2019/633, la PAC non soltanto investe e regola il mercato, ma introduce paradigmi innovativi, per l’oggetto, i soggetti, l’ambito territoriale applicativo, muovendo dalla dichiarata necessità di “garantire un tenore di vita equo alla popolazione agricola”, fra le quali, per citare solo alcune delle novità introdotte:
- l’individuazione di talune pratiche commerciali comunque qualificate come sleali, e dunque illecite, a prescindere da eventuali accordi (così superando l’impianto delle generali Direttive n. 2005/29 e n. 2011/7 sulle pratiche commerciali sleali);
- la non necessità dell’accertamento in concreto di una posizione dominante, o di un concreto abuso (a differenza di quanto sin qui ritenuto in Italia dalle circolari del Mipaaf e dell’ AGCM in riferimento all’art. 62 del D.L. 1/2012);
- la previsione di sanzioni “efficaci, proporzionate, e dissuasive” (ben superiori a quelle sin qui previste in Italia dall’art. 62 del D.L. n. 1/2012, pur dopo l’incremento introdotto nel 2015);
- la riconduzione della definizione di “prodotti alimentari” non al Reg. (CE) n. 178/2002 (come aveva fatto in Italia il D.M. Mipaaf 19 ottobre 2012 n. 199, con formula in prosieguo censurata dal TAR del Lazio), ma all’Allegato I del TFUE.
A ciò si aggiunge – ed è elemento decisamente innovativo – la disposizione, assente nell’originaria proposta della Commissione, ed inserita in sede di dibattito parlamentare, che prevede l’applicazione della direttiva a qualunque acquirente, indipendentemente dal luogo di stabilimento di tale persona.
Già in precedenza il Regolamento sui controlli del 2017, anch’esso approvato avendo quale base giuridica l’art.43 (assieme agli artt. 114 e 168 TFUE), si è posto come regolamento della globalizzazione, con un ambito applicativo che va ben oltre i confini UE. E non casualmente gli interventi della Commissione sul commercio globale, adottati in periodo di pandemia, sono stati configurati come regolamenti di esecuzione di quello del 2017 anche quando non relativi a prodotti alimentari.
La Direttiva (UE) 2019/633 espande insomma il proprio perimetro applicativo ben oltre i confini dell’Unione Europea, ricercando risposte originali alle sfide della globalizzazione, pur rinviando all’attuazione nazionale l’individuazione delle concrete procedure applicative di tale ultrattività.
Lungo questo percorso il diritto europeo, muovendo dalla PAC, si fa “diritto nazionale altrui” (per riprendere la formula di Francesco Galgano), e la riaffermata specialità dell’agricoltura, individuata quale presupposto della nuova disciplina, si traduce in misure originali, nel merito e nella struttura, che potranno operare come modello per innovazioni regolatrici in altri settori dell’ordinamento europeo, come già più volte accaduto in passato.

3. Il Decreto italiano
Il Decreto legislativo italiano n. 285 del 2021 traduce in norme interne le innovazioni introdotte dalla Direttiva UE, abroga e sostituisce integralmente il precedente art. 62 del D.L. n. 1/2012 (“Decreto Monti”), espande le fattispecie qualificate “sleali” ex lege e come tali vietate, valorizza in chiave positiva l’adozione di accordi quadro con la partecipazione di organizzazioni professionali e comunque di soggetti collettivi, detta una disciplina speciale per i contratti di cessione fra i fornitori di uve o mosto di uve per la produzione di vino ed i loro acquirenti diretti, opera in direzione di una prima ricomposizione dell’ampia e frammentata disciplina previgente che in varia misura interagisce nell’ampio perimetro delle relazioni commerciali tra imprese nel mercato agro-alimentare.
Certo, alcuni aspetti specifici della nuova disciplina risultano ancora non pienamente definiti (ad esempio per quanto attiene alle vendite sotto costo, alla determinazione dei “costi di produzione” e dei “costi medi di produzione”, alla perimetrazione delle competenze fra AGCM e ICQRF, al coordinamento fra procedimento istruttorio e provvedimento sanzionatorio).
Il Decreto legislativo prevede espressamente l’emanazione di un Decreto Ministeriale regolamentare solo con riferimento ai termini di preavviso per l’annullamento di ordini di prodotti agricoli ed alimentari deperibili (art. 4), ma la complessità delle questioni e delle scelte tuttora in attesa di compiuta definizione difficilmente potrà escludere il ricorso, in un prossimo futuro, ad atti regolamentari ovvero a decreti legislativi integrativi e correttivi, adottati ai sensi dell’art. 31 della Legge 24 dicembre 2012, n. 234 (“Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea”), espressamente richiamato dall’art. 1 della Legge delega 22 aprile 2021, n. 53.
Per altro verso, la complessa stagione di governo della politica agricola che ha visto da ultimo la profonda riforma della PAC operata dai Regolamenti (UE) del 6 dicembre u.s., con la previsione dell’adozione di piani strategici in agricoltura, a livello nazionale e regionale, pone oggi alle Istituzioni nazionali ed europee una complessa sfida, resa manifesta dal congiunto operare della pandemia, dell’emergenza climatica, e delle incertezze del mercato, al fine di coniugare nelle scelte quotidiane l’attenzione ai profili di sostenibilità ambientale ed a quelli produttivi, garantendo quell’equa remunerazione dei produttori agricoli, che da sempre costituisce finalità essenziale e caratterizzante della PAC, e che la Direttiva (UE) 2019/633 espressamente richiama sin dal primo considerando.

Qui il testo del Decreto legislativo n. 198 dell’ 8 novembre 2021.pdf