La produzione di soia, quale futuro?

di Mauro Antongiovanni
  • 15 December 2021

Sul numero del 3 dicembre ultimo scorso di All about Feed è comparso un articolo sulle prospettive future della coltivazione della soia nel mondo, dal titolo “The soybean situation: 2021 and beyond”.
L’argomento è estremamente interessante e preoccupante e vale la pena di essere commentato sul nostro notiziario “Georgofili Info”, non solo perché riguarda il futuro di un prodotto agricolo importante, quanto perché la coltivazione della soia è strettamente connessa al problema del riscaldamento globale e della sostenibilità ambientale. Tutto ciò sia a causa della deforestazione condotta per “liberare” dalla foresta vaste aree da destinare alla coltivazione di soia, sia perché questa deve essere poi trasportata dai luoghi di produzione in tutto il mondo e non certo “a chilometro zero”.
L’Accademia dei Georgofili non è nuova a segnalare il problema: solo il 20 maggio scorso ha dedicato all’argomento una giornata webinar dal titolo “Alimenti proteici in alimentazione animale, problemi connessi con la coltivazione della soia”, cui ha partecipato anche un funzionario del governo brasiliano.
All about Feed ci segnala che la produzione globale di soia è più che raddoppiata dal 2000, per il 70% su terreni di nuova utilizzazione.
La sola Cina ha aumentato le proprie importazioni di soia del 2000% dal 2000. A causa delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, da cui importa parte della soia, la Cina si sta rivolgendo sempre di più al Sud America, in cui, di conseguenza, aumenta lo scempio insostenibile della deforestazione selvaggia.
Per quanto riguarda il resto del mondo, l’Europa è la seconda per quantità di soia importata, seguita dai Paesi del Sud-Est asiatico, dalla Turchia e dalla Russia.
In Europa la produzione locale di soia sta aumentando. Il fabbisogno di soia del continente, escluso il Regno Unito, è stimato in circa 28-29 milioni dio tonnellate l’anno, ma la produzione europea è attualmente di soli 10 milioni di tonnellate. Il resto si importa dal Brasile, Argentina, Nord America e Paraguay e continueremo verosimilmente a farlo, con tutti i problemi connessi.
Il Presidente di “Soya Europe” Matthias Krön fa notare che la scelta di coltivare soia è vantaggiosa, soprattutto perché questa leguminosa può essere autosufficiente per quanto riguarda il fabbisogno di azoto, facendo risparmiare sui fertilizzanti. Infatti, prosegue Krön, stiamo assistendo al fatto che i 10 milioni di tonnellate attualmente prodotte in Europa diventeranno 15 milioni nel giro di nove anni, di cui l’80% verrà utilizzato in alimentazione animale, soprattutto per suini e polli.
La European Feed Manufacturers’ Federation (FEFAC) lo scorso 25 settembre ha presentato il “Feed Sustainability Charter 2030”, un documento di intenti articolato in cinque ambiziosi punti volti a contribuire alla sostenibilità delle produzioni zootecniche e dell’acquacoltura attraverso l’alimentazione, ovvero cercando di limitare al massimo l’impiego di soia di provenienza extraeuropea a vantaggio di fonti proteiche alternative come le larve di insetti.
L’articolo prosegue con una panoramica di ciò che avviene in Sud America: la produzione di soia è aumentata del 160% in Brasile e del 57% in Argentina dal 2000 al 2019, con un incremento della superficie coltivata da 26 milioni di ettari a 55 milioni di ettari.
Secondo quanto pubblicato dal Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) nel 2018, le destinazioni di utilizzo della soia a livello globale sono così suddivise: il 37% per il pollame, il 20% per i suini, il 6% per l’acquacoltura e solo il 2% per i bovini. Il rimanente 25% va per uso umano e per gli animali da compagnia.
In conclusione, la popolazione mondiale continua a crescere e richiederà sempre maggiori quantità di alimenti proteici. La soia, che risponde ai requisiti di buona qualità della sua frazione proteica, ha dei forti limiti di coltivazione perché necessita di vaste aree che vengono sottratte alle foreste ed ai boschi, con perdita dell’attività di fotosintesi con cattura di gas serra. Le lunghe distanze da colmare per il trasporto del prodotto fanno il resto per l’impiego di carburanti fossili. È una coperta troppo corta: qualcosa rimane scoperto. Se l’obbiettivo è quello di ridurre i gas serra in atmosfera per controllare il riscaldamento globale, forse è meglio, per il momento, cominciare a guardare seriamente dalla parte delle centrali elettriche a carbone, dei trasporti su gomma, dello spreco di energia per la climatizzazione o di altre colture come quella della palma da olio.
Un aiuto ci può venire dagli aminoacidi di sintesi. Già nel 2002 il rapporto UN FAO “Protein Sources for the Animal Feed Industry” suggeriva che si possono impiegare a livello globale 550.000 tonnellate di L-Lisina cloridrato al posto di 18 milioni di tonnellate di farina di estrazione di soia, ovvero circa la metà della produzione di soia degli Stati Uniti.