L'organizzazione della ricerca in Agricoltura

di Amedeo Alpi
  • 08 January 2014
Nell'intervento di apertura il presidente, prof. Scaramuzzi, ha sottolineato  "il declino subito negli ultimi decenni dall'agricoltura" nonostante che essa sia una attività essenziale per la nostra sopravvivenza e riconosciuta nei vari "Summit  mondiali come indispensabile per la futura soluzione dei grandi problemi planetari". Tuttavia, anche se trascurata, l'agricoltura italiana si basa ormai, come gran parte dell'agricoltura praticata nel mondo, su una forte componente tecnico-scientifica che si evolve sempre più; pertanto essa sarà sempre più dipendente dall'attività di ricerca. Questa è la premessa alla mia relazione "Sostenere la ricerca libera, multidisciplinare e universale. Diffondere le nuove conoscenze e svilupparne le applicazioni". Ovviamente non si poteva affrontare il vecchio problema della ricerca italiana in agricoltura, prescindendo dalle varie iniziative che, anche solo nell'ultimo ventennio, si sono succedute in ambito georgofilo, portando tra l'altro sempre ad identiche conclusioni, sottolineando quindi una sostanziale non risposta da parte dei pubblici poteri.
I nodi della organizzazione della ricerca infatti, risiedono solo in parte nella mancanza di fondi; è  illusorio pensare che i finanziamenti, per quanto indispensabili, siano sufficienti a consentire una ottima ed utile ricerca; essa dipende invece da molti fattori che possono essere indicati con il termine riassuntivo di organizzazione della ricerca. Un primo elemento che caratterizza la situazione italiana è l'estrema frammentazione delle strutture deputate a questa attività. La ricerca è certamente condotta nei Dipartimenti agrari delle 23 (non poche) Università italiane che conducono attività formativa e di ricerca in agricoltura o in ambiti ad essa affini; in questo caso è dunque il Ministero dell'Università e della Ricerca (MiUR) ad essere il referente, ma molte tematiche di ricerca simili a quelle svolte presso le Università sono affrontate anche nei Dipartimenti del CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura)  il cui dicastero   di vigilanza è il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF). Molta attività di ricerca agraria è condotta nel CNR (Consiglio Nazionale della Ricerca) che, come le Università, è sotto il controllo del MiUR, ma è comunque un ente nazionale autonomo con il compito di svolgere ricerca nei principali settori di sviluppo delle conoscenze, ivi incluso quello agrario. Inoltre nel CNR non operano più i Comitati Nazionali di Consulenza che erogavano ingenti risorse finanziarie in varie aree scientifiche ed, in particolare, nelle scienze agrarie. Un altro ambito istituzionale attivo nella ricerca agraria è quello rappresentato dalle Regioni soprattutto in quelle a Statuto speciale e, tra queste, in particolare in Sicilia e Sardegna dove Enti appositi controllano le attività di ricerca di numerosi centri; una particolare attenzione alla ricerca in ambito agrario è  data anche dalle Province autonome di Trento e Bolzano dove alcune iniziative hanno un vero profilo di eccellenza. Infine ricerca con finalizzazione agraria viene svolta anche in strutture appartenenti ad altri dicasteri quali il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), il Ministero degli Affari Esteri (MAE) e persino il Ministero della Salute. La ricerca agraria italiana è pertanto frammentata in numerosi ambiti istituzionali con una ovvia dispersione di risorse finanziarie accompagnate da sovrapposizioni di iniziative  scarsamente o per nulla coordinate. Un vero spreco per un paese come il nostro che più di altri avrebbe invece bisogno di concentrare mezzi e finalizzare iniziative. Sin dal 1997 fu dichiarato che MIUR, CNR, MiPAAF e Regioni si ripartivano la torta globale dei finanziamenti in maniera pressoché equanime (20% ciascuno) con un rimanente 20% a favore delle altre strutture sopra ricordate. Non sorprende quindi che l'occasione dei finanziamenti europei sia stata in buona parte una occasione mancata; iniziata negli anni '80 si è molto ampliata sino a raggiungere importanti livelli di finanziamento negli ultimi Programmi Quadro, ma, al di là dei limiti anche delle iniziative europee, certamente l'Italia non ha saputo inserirsi nella "rete europea" di ricerca, così come l'importanza del nostro Paese avrebbe richiesto. 
Se alla notevole dispersione delle strutture di ricerca e del loro mancato coordinamento, si aggiunge la riduzione dei finanziamenti,  ormai praticata da anni (come ricordato, il CNR non ha più in attività i Comitati Nazionali di Consulenza; il MiPAAF ha fortemente ridimensionato l'attività di finanziamento a grandi progetti di ricerca, limitandosi a finanziare gli organi afferenti al CRA; il MiUR ha ridotto le risorse finanziarie destinate ai progetti PRIN, FIRB, ecc.) si conclude che l' importanza della ricerca -in generale, non solo agraria- è in Italia molto declamata nelle dichiarazioni ufficiali, ma poco tradotta in politiche efficaci. 
Comunque un passo avanti sarebbe certamente fatto se si arrivasse a formulare quella "unica cabina di regia" in grado di coordinare sia le erogazioni finanziarie che le molteplici attività di ricerca agraria;  questa Accademia ha avanzato da molto tempo tale richiesta e su di essa il presidente Scaramuzzi ha espressamente sollecitato ben  due Ministri dell'Università e della Ricerca (Gelmini e Profumo). 
Restiamo in attesa di una risposta.        
 

(L’articolo è tratto da una delle relazioni svolte all' Assemblea generale dei Georgofili - Firenze, 17 dicembre 2013 )