Ogni cittadino di un paese ricco causa la perdita di 4 alberi in un paese povero

  • 07 April 2021

Una legge non scritta riguarda il mondo globalizzato: mentre in alcuni paesi ricchi crescono le opere per piantare più alberi e le zone di rimboschimento, mentre si lanciano messaggi e appelli per politiche green e protezione degli alberi, si deforesta lontano da casa, nei paesi più poveri, per soddisfare la domanda del commercio. In media, ogni cittadino di un paese ricco è così responsabile della perdita di circa quattro alberi in un paese meno abbiente.
Così la Cina per esempio, mentre annuncia politiche verdi, contribuisce ad aumentare la deforestazione nel sud est asiatico per ottenere legname, oppure il Giappone aggrava la deforestazione in Africa per accedere a diversi prodotti, come la vaniglia, il cotone o il sesamo, e così fanno gli Stati Uniti, la Germania e tanti altri paesi ricchi che a casa loro accrescono politiche di rimboschimento e altrove contribuiscono a diminuire le foreste, spesso quelle tropicali che ospitano tra il 50 e il 90% di tutte le piante e gli animali terrestri.
Foreste tropicali che sono già in estrema sofferenza: come ricorda il recente report del Global Forest Watch, solo nel 2020 è stata distrutta un' area di foresta vergine grande quanto i Paesi Bassi e si registra a livello globale un aumento del 12% di deforestazione rispetto al 2019. Un male di cui soffre soprattutto il Brasile e l’ Amazzonia, dove si parla nell'ultimo anno della distruzione di almeno 1,7 milioni di acri di foreste.
Un' analisi di ciò che è accaduto alle foreste del mondo in circa quindici anni, dal 2001 al 2015, hanno provato a tracciarla, disegnando anche una mappa, alcuni ricercatori del centro giapponese Research Institute for Humanity and Nature (Rihn). Keiichiro Kanemoto e Nguyen Tien Hoang in un articolo pubblicato su Nature Ecology & Evolution mostrano le relazioni finanziare e del commercio internazionale legate alla deforestazione, sottolineando come una serie di paesi ricchi (in particolare quelli del G7) abbiano incoraggiato di fatto paesi più poveri a incrementare i loro livelli annuali di deforestazione proprio per questioni di export commerciale.
Considerando, dopo gli oceani, il ruolo determinante delle foreste nell'assorbire CO2 e combattere le emissioni climalteranti nella lotta al surriscaldamento che avanza, il mondo ha avanzato progetti e sforzi che appaiono globali nel tentativo di fermare il cambiamento climatico. Eppure, ricordano gli esperti giapponesi, nonostante l'importanza per la salute umana ed ecologica, le foreste vengono abbattute a un ritmo allarmante per questioni commerciali che vanno dalla agricoltura agli allevamenti, dall'estrazione mineraria sino al foraggio e altri prodotti.
"C'è una relazione chiara tra la deforestazione e la domanda di merci da parte dei paesi ricchi. Ciò che non è stato chiarito finora è la distribuzione spaziale della deforestazione associata al commercio" spiega Kanemoto. Così, per comprendere il rapporto tra commercio e deforestazione, i ricercatori hanno usato i big data, dati ad alta risoluzione sulla perdita di foreste, informazioni commerciali, osservazioni spaziali e modelli matematici, con cui hanno realizzato mappe delle impronte di deforestazione nel tempo e nello spazio, identificando le nazioni che hanno guidato una ampia deforestazione proprio per  richieste economiche, per soddisfare in sintesi le domande dei consumatori.
Fra i prodotti più desiderati, legname, soia, cacao e altre colture. L'impronta sulle foreste da parte dei Paesi, ricordano gli esperti, spesso dipende proprio dal prodotto richiesto. La Cina per esempio ha influenzato e abusato delle foreste del sud dell'Asia per il legno, il Giappone dell'Africa per vaniglia, cotone e altro, la Germania sempre in Africa per la domanda di cacao, gli Stati Uniti invece per diverse materie prime, fra cui "legno dalla Cambogia, gomma dalla Liberia, frutta e noci dal Guatemala, soia e manzo dal Brasile" sostengono i ricercatori.
Secondo i calcoli effettuati, il 90% della deforestazione causata da cinque dei Paesi del G7 è stata "fuori dai loro confini", soprattutto nelle foreste tropicali. Per Kanemoto e Hoang ogni cittadino in un paese del G7 causa una perdita media di quattro alberi nel mondo.
I cittadini di Cina e India portano invece solo alla perdita di un albero anche se, ricordano gli esperti, "la perdita di alcuni alberi ha un impatto biologico ed ecologico maggiore rispetto ad altri. Ad esempio l'impatto ambientale di tre alberi dell'Amazzonia potrebbe essere più grave dell'impatto di 14 alberi nelle foreste boreali della Norvegia".

da Repubblica.it, 1/4/2021