Al mondo siamo 7.7 miliardi di persone e produciamo cibo per nutrirne solo 3.4 in modo sostenibile

  • 05 February 2020

Più della metà della produzione di cibo globale è insostenibile e di fatto dannosa per il nostro Pianeta. A dirlo è un'analisi quinquennale appena pubblicata su Nature Sustainability. Gli studiosi hanno allo stesso tempo identificato un pacchetto di soluzioni che, se applicato, garantirebbe il sostentamento a più di 10 miliardi di persone.
Sicurezza alimentare per tutti senza alterare la Natura. Si tratta di una delle sfide più difficili dei prossimi anni ed i ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) si sono chiesti come affrontarla. "Per produrre cibo stiamo compromettendo l'ecosistema - spiega il Professor Dieter Gerten, lead-author dello studio - la situazione è grave, ma c'è ancora tempo per cambiare agendo il prima possibile"
L'analisi parte dalla cosiddetta "Teoria dei 9 limiti planetari", formulata nel 2009 dal geofisico svedese Johan Rockström: nove soglie ambientali che le attività antropiche non dovrebbero oltrepassare per mantenere intatto il Pianeta. Gli scienziati hanno stabilito quante persone è possibile nutrire senza eccedere questi limiti date tecnologia, diete e condizioni socioeconomiche correnti. Nel dettaglio, il team diretto da Gerten ha esaminato quattro dei nove confini, quelli direttamente collegati alla produzione di cibo: il mantenimento della biodiversità, l'uso sostenibile di acqua dolce, il ricorso limitato all'azoto in agricoltura ed a pratiche di disboscamento. Basato su vari modelli di simulazione, il lavoro mostra come allo stato attuale il sistema alimentare sia in grado di fornire una dieta bilanciata (2,355 kcal pro capite al giorno), a solo 3.4 miliardi di persone.
Il lavoro quantifica per la prima volta l'insostenibilità dei ritmi attuali di sfruttamento delle risorse alimentari.
La diagnosi è impietosa, ma gli studiosi ne suggeriscono la cura. "Sottraiamo terra per allevamento e coltivazione intensiva, fertilizziamo ed irrighiamo troppo mettendo in pericolo il ciclo dell'acqua, questi i principali problemi", osserva Gerten. E prosegue: "Per risolverli, occorre ripensare completamente la filiera del cibo". Secondo i ricercatori infatti, la sola riorganizzazione razionale delle tecniche agricole garantirebbe un'alimentazione sostenibile per 7.8 miliardi di persone, poco più della popolazione attuale.
Pochi ma sostanziali i cambiamenti: "Rinaturalizzazione" degli allevamenti nelle aree in cui più del 5% delle specie sono a rischio estinzione; riforestazione dei terreni coltivati laddove più dell'85% della foresta tropicale è stata disboscata; riduzione dell'uso dell'azoto nei fertilizzanti. In altre parole, si tratterebbe di spostare parte delle attività agricole e di allevamento da zone sottoposte a "stress ambientale" elevato - prevalentemente Cina orientale ed Europa centrale - verso altre in cui i limiti ambientali sono distanti dall'essere superati, come il Nord-Ovest degli Stati Uniti e soprattutto l'Africa sub-Sahariana.
"La chiave del successo di queste strategie, è che i Paesi interessati vedano benefici per il loro sviluppo - avverte Wolfgang Lucht, co-autore dello studio - solo così esistono concrete possibilità di vederle implementate".
Non è tutto però. Le Nazioni Unite stimano che la popolazione mondiale toccherà i 9.8 miliardi nel 2050. Che fare allora? Secondo Vera Heck, ricercatrice al PIK, una modifica dell'alimentazione su larga scala sarà inevitabile. In particolare, quote sempre maggiori di proteine di origine animale verranno sostituite da legumi ed altri alimenti vegetali.
"Cambiamenti del genere possono essere difficili da accettare in un primo momento - ammette - ma sul lungo periodo, un pasto più sostenibile avrà benefici sia sul Pianeta che sulla salute delle persone". Altro fattore cruciale sarà la riduzione dello spreco alimentare. Secondo l'IPCC, circa il 30% del cibo prodotto viene gettato ancor prima di finire in tavola. "Sono necessarie politiche che attraverso opportuni incentivi, educhino sia il produttore che il consumatore", conclude Heck.
La Scienza come al solito ci indica una strada, ma il cambiamento passa prima di tutto dalle mani di ciascuno di noi.

da: Repubblica.it, 28/1/2020