Infrastrutture verdi: un concetto che stenta a essere pienamente compreso

di Francesco Ferrini
  • 17 July 2019

Il concetto di infrastrutture verdi non è nuovissimo e sono ormai ampiamente documentati i molti vantaggi che esse hanno rispetto alle infrastrutture “grigie”, ma esso stenta ancora a essere pienamente compreso dai nostri decisori politici. Se ne parla molto ma si agisce poco e diverse sono le ragioni a causa delle quali le città sono state e sono tuttora lente ad adottare questa soluzione, su scala significativa.
Eppure, abbiamo un bisogno vitale di “infrastrutture verdi” per aiutare a ripensare la pianificazione, la progettazione e, forse, l'immagine delle nostre città. Questo termine assume, però, significati diversi a seconda del contesto in cui è utilizzato e del soggetto coinvolto. Ad esempio, alcune persone si riferiscono agli alberi in aree urbane come infrastruttura verde in relazione ai benefici che essi forniscono, mentre altri utilizzano il termine per fare riferimento a realizzazioni di diverse tipo (ad esempio i sistemi di gestione delle acque meteoriche o i tetti verdi) che sono progettati per essere eco-compatibili.
Purtroppo, la realtà frustrante di una certa parte della politica pubblica è che le buone idee non necessariamente prendono piede. Già Machiavelli affermava: "Deve essere ricordato che nulla è più difficile da pianificare, più dubbio a succedere o più pericoloso da gestire che la creazione di un nuovo sistema. Per colui che lo propone ciò produce l'inimicizia di coloro i quali hanno profitto a preservare l'antico e soltanto tiepidi sostenitori in coloro che sarebbero avvantaggiati dal nuovo" (Machiavelli, Il Principe, 1531).
I motivi per cui i governi locali resistono ai grandi cambiamenti della pianificazione ambientale e territoriale sono diversi. Il primo è quello economico. Il refrain “bello, ma non ci sono le risorse” non è a mio modo di vedere un motivo accettabile. Non si è fatto niente neanche quando le risorse, almeno apparentemente, c’erano (salvo poi sapere che ciò avveniva a spese del debito pubblico). Il secondo è una ignava accettazione dello status quo che ritengo del resto insostenibile in futuro. Il terzo, forse il peggiore, è che adottare delle vere politiche pianificatorie di lungo termine, volte a proteggere l’ambiente e il consumo di suolo, potrebbe “imbrigliare” le Amministrazioni che, in questo modo avrebbero dei limiti nell’usare, come alcune di esse hanno fatto in passato, il suolo come un vero e proprio “bancomat” per ricavare risorse dagli oneri di urbanizzazione.
Sono poche, a mio parere, le figure di politici dotati di notevole intuito nel prevedere gli sviluppi di una situazione o le conseguenze di un'iniziativa, cioè di persone che abbiano diverse qualità chiave: una visione di lungo termine non legata a interessi di parte, competenza e autorità, abilità di negoziazione e la persistenza nel coltivare le proprie idee.
Determinazione e persistenza sono particolarmente importanti perché la diffusione delle idee è lenta. Un politico lungimirante dovrebbe comprendere lui stesso e comunicare ai cittadini che solo una politica che metta in prima fila la protezione e la valorizzazione dell’ambiente, e il cui minimo comune denominatore delle proposte fatte sia quello di cambiare, in tempi brevi, il nostro modo di interfacciarci col verde urbano e divenire completamente consci della sua multifunzionalità, del suo essere un vero e proprio ecosistema diversificato ed ecologicamente stabilizzato, può assicurare alla comunità quelle condizioni di sostenibilità ormai divenute condizione indispensabile nella sua gestione.