Serve innovazione per la serricoltura italiana

  • 12 June 2019
L’ammodernamento della serricoltura italiana è una settore strategico importante per essere competitivi sul mercato globale. Infatti, oltre il 70% del parco serre del Belpaese oggi ha un livello tecnologico medio-basso mentre i nostri competitor, l’Olanda e la Spagna primi fra tutti, diventano sempre più aggressivi.
Stefania De Pascale, professoressa ordinaria di Orticoltura e Floricoltura all’Università Federico II di Napoli, accademica georgofila ordinaria, presidentessa del Comitato consultivo per le Colture protette e il florovivaismo e della Division Protected Cultivation and Soilless Culture della International Society, fornisce un’illustrazione della situazione attuale in questo settore.
“Sono circa 10mila ettari le serre in vetro, quelle più tecnologiche per intendersi e prevalentemente destinate a ortaggi a ciclo lungo oppure a fiori ornamentali. Altri 42mila ettari, invece, sono di serre in plastica. Se poi prendiamo in considerazione anche gli impianti coperti, ad esempio con agrotessili, dobbiamo aggiungere altri 40mila ettari, mentre di piccoli tunnel usati ad esempio per gli anticipi di trapianto se ne contano circa 80mila. La stragrande maggioranza delle serre ha un livello tecnologico medio e medio basso. Per l’Italia servirebbe una via all’innovazione della serricoltura che sia adeguata alle esigenze del territorio e del tessuto produttivo. Che tenga conto delle caratteristiche pedoclimatiche della penisola e che sia sostenibile non solo da un punto di vista ambientale ma anche economico per gli agricoltori”.
“Il costo dell’innovazione – prosegue la Prof.ssa De Pascale - non è poi così elevato, ci sono interventi che possono essere affrontati senza problemi dalle aziende agricole perché non troppo costosi. Si pensi a quelli legati all’introduzione di sensori, sonde, piccole stazioni meteo. Il problema è che nel mare dell’innovazione serve necessariamente la figura di un consulente che faccia da tramite tra il mondo della ricerca e il campo, realizzando di fatto un trasferimento di conoscenza applicata alle esigenze di ogni specifica azienda. Questa cultura di affidarsi a qualcuno, si sta iniziando a diffondere adesso.  Le priorità da affrontare sono innanzitutto il pensare a diversificare. Bisogna sviluppare nuove cultivar specifiche per il nostro clima mediterraneo, sistemi di gestione dell’irrigazione e della fertirrigazione. Di innovazioni a portata di mano ce ne sono tante sul mercato ma spesso non arrivano in campo.  Il ruolo che devono svolgere gli enti pubblici, Stato, Unione Europea e Regioni in questi processi di upload e gestione è fondamentale. Penso, ad esempio, alla gestione della risorsa acqua. In Spagna, che accusa i colpi di una grave carenza idrica, ci sono impianti grossissimi. Lo Stato si è fatto carico della costruzione, per fare un esempio, di grandi impianti di desalinizzazione dell’acqua. Sarebbe poi anche importante, in un’ottica di economia circolare, definire un sistema di regole per lo smaltimento, la raccolta e il riciclo dei sottoprodotti della serricoltura. Qui c’è un mondo ancora inesplorato fatto di film, pannelli, imballaggi, plastiche, substrati e contenitori di vario tipo.
Infine, il ruolo della ricerca pubblica in grado di fornire innovazioni e poi lavorare in sinergia con chi si occupa di divulgazione”.

da Freshcutnews.it, 7/6/2019