Riconsiderare l'agricoltura

Riportiamo il testo di un articolo (v. “La Nazione”, 4 maggio 2013) con il quale il Presidente Scaramuzzi sottolinea alcuni punti salienti dell’accorato appello (*) lanciato dai Georgofili in occasione del loro 260° anno accademico, con l’invito a parlare della nostra agricoltura, rivolto ovunque e a chiunque.

  • 08 May 2013
Dalla metà del secolo scorso, la nostra agricoltura è stata sempre più sottovalutata, trascurata e anche penalizzata. La grande e complessa crisi che stiamo attraversando si è quindi aggiunta a preesistenti incomprensioni. E’ sconcertante constatare quanto ne sia oggi disinformata l'opinione pubblica. Talvolta sembra rimanere sorpreso anche il mondo politico quando emergono alcune attuali realtà del lavoro agricolo, delle crescenti difficoltà a trarne l’indispensabile reddito, dei conseguenti rischi per la stessa sopravvivenza del “settore primario”. Significativo il fatto che, nel mediatico “toto-ministri”, imperversato per giorni, nessuno abbia trovato fino all’ultimo minuto un cenno sul Ministero dell’Agricoltura. D’altra parte, non è da oggi che se ne è tentata l’impraticabile abolizione, richiesta anche attraverso un improvvido referendum popolare. 
Abbiamo invece più che mai bisogno di sostenere la nostra agricoltura, nel suo eterogeneo insieme agro-silvo-pastorale, che va dalle piccolissime alle grandi imprese e dai prodotti di nicchia a quelli di largo consumo. Dobbiamo quindi ridarle nuova energia con un progetto strategico nazionale condiviso, prima che sia troppo tardi, insieme ad un responsabile "Patto nazionale di emergenza per il settore”.
Non si può più mirare oggi ad uno sviluppo socio-economico, senza assicurare al popolo una dignitosa qualità della vita, a cominciare dalla disponibilità del pane quotidiano e di una univoca tutela agro-ambientale. Ma la crescente insufficienza delle produzioni alimentari mondiali, il progressivo esaurimento delle superfici coltivabili dell'intero pianeta e il previsto incremento della domanda (per l’aumento numerico della popolazione, nonché dei consumi individuali), non rendono possibile fare più assegnamento sul mercato globale come inesauribile fonte di prodotti alimentari primari, a prezzi costantemente accessibili per tutti. Ogni Paese dovrebbe quindi saggiamente impegnarsi, oltre che allo sviluppo della ricerca scientifica, a conservare le proprie superfici coltivabili, incrementarvi le produzioni unitarie, realizzare e mantenere adeguate scorte di prodotti alimentari. Un Paese lungimirante dovrebbe aiutare i propri agricoltori a trovare condizioni che consentano di continuare a coltivare i campi, traendone un reddito. 
Nella odierna realtà geopolitica, tutti hanno bisogno di tutele da parte  di una governace globale e di una civile convivenza, nel rispetto reciproco di tutto ciò che ci diversifica per cultura, tradizioni, politica e quant'altro. Si tratta di un processo di globalizzazione che avanza, ormai già universalmente percepito e da considerare difficilmente reversibile. Richiederà tempo e costanza, anche da parte delle generazioni future. Ma sono proprio quelle che potranno coglierne tutte le opportunità, superando le barriere linguistiche e le distanze fisiche, con rapida dimestichezza nell'uso di  nuove tecnologie, ancora neppure immaginate.
Guardando al futuro e nella consapevolezza dei gravi rischi ai quali sta andando incontro la nostra agricoltura - quindi l'intero Paese - bisogna far riemergere il senso di responsabilità di tutti e stimolare il coraggio degli agricoltori, prima che possa ulteriormente consolidarsi l’assurda e disastrosa idea che l'agricoltura non sia più un’attività produttiva indispensabile.
Franco Scaramuzzi


(*) il testo integrale della relazione è scaricabile dal sito www.georgofili.it