Non dimentichiamo che “L’Italia è la nostra Patria”

di Franco Scaramuzzi
  • 27 March 2019
Non viviamo in isole felici di una sognata “Terra globale”, ma in eterogenee ed irrequiete aree del mondo terrestre, ove stanno sempre più crescendo per numero e per esigenze, coloro che vi sono nati o trasferiti, o comunque vi stanno abitando.
La nostra penisola, che offre l’immagine di uno stivale Europeo, è stata frequentemente invasa e spesso occupata da molte popolazioni diverse e di varia origine. Con l’impegno del popolo, l’Italia venne riunita in un’unica e nuova Nazione, con battaglie micidiali che costarono cuori e vite per la propria Patria. Tuttora manifestiamo il più grande orgoglio con la nostra bandiera tricolore. Ma la nostra politica sembra invece che oggi stia demolendo le sue strutture per poi mescolarsi con idee diverse.
Fra i ricordi della mia gioventù, rimangono le abitazioni che spesso erano lasciate liberamente aperte. Perché oggi si subisce il bisogno crescente di proteggerci da invasioni di banditi di ogni genere, violenti ladri e sistematiche corruzioni? Il nostro Paese si è riempito di varie mafie prepotenti che violano le leggi e spesso si appropriano dei beni altrui.
Nell’ultimo secolo, l’Italia ha visto nascere e poi sparire diverse politiche, non solo ideologiche ma creando anche spinte di movimenti giovanili, con generazioni non sempre sufficientemente preparate. Non tutti sono colti e preparati per affrontare continui cambiamenti, adeguamenti, innovazioni e comportamenti competitivi.
Avevamo unito la nostra penisola in un solo Stato, dotandolo di una sua unica lingua e di una preziosa agricoltura, capace di produrre cibo primario, apprezzato, apprezzato già da quando cominciò ad essere elaborato nelle manifatture aziendali.
L’ultimo conflitto mondiale aveva attraversato tutta la nostra penisola. La generazione di militari che tornò a casa, era ampia. Riprese a studiare e a lavorare, con una forza di volontà per ricostruire ciò che era stato distrutto. Nelle Università si riprese lo spirito della goliardia, ma solo per diversi anni rimase solidale.
L’agricoltura aveva perso un gran numero di emigranti italiani che trovarono ospitalità in molti Stati diversi, dove spesso sono rimasti. Molti abbandonarono i campi e preferirono andare a lavorare nelle crescenti fabbriche che nascevano nei pressi delle città.
La nostra politica adottò norme per espropriare grandi proprietà terriere, provvedendo a bonificare ampie aree paludose. Vietò la mezzadria e pensò di favorire le piccole aziende, sostenendo la terziarietà dei lavori aziendali, tutelando il paesaggio agricolo, piuttosto che le produzioni delle rispettive aziende.
L’Unione europea volle tentare di sostenere gli agricoltori con contributi finanziari, ma anche imponendo direttive. Gradualmente furono abbandonate intere aree agricole, soprattutto nelle zone montane, per sostenere gli usi delle aree cittadine e delle strutture di interesse pubblico. Molte case di ex mezzadri furono vendute e poi spesso adattate quali seconde abitazioni.
Il nostro Governo commise l’errore di trasferire ogni competenza in materia di agricoltura alle singole Regioni, ciascuna libera e responsabile di creare territori guidati diversamente, anche commettendo errori.
Da qualche tempo vengono usati termini nuovi come più utili, se non indispensabili, di fronte a realtà future già iniziate, avvalendosi di “contesti” che già ci circondano.
Anche nella Unione europea i singoli Stati membri devono sapersi adeguare ad un reciproco rispetto e sostegno delle altrui capacità.
Questo è il significato e l’attesa funzione di una civile Unione. Sono ormai molte decine di anni che l’Europa cerca di evitare guerre interne, ma non rinuncia a competere. Anche l’Italia ha voluto innovarsi per ricostruire il proprio Paese, con politiche cangianti, in nome di uguaglianze sociali, sempre auspicate e periodicamente “populiste”. Qualsiasi sistema politico non potrà farsi apprezzare, isolandosi dagli attuali contesti.
Purtroppo, non sempre i “contesti” incentivano e non tutelano le nostre attività, tantomeno la “competitività” nei confronti di chi potrebbe contrapporre forti concorrenze.
Non è facile pensare di poter eliminare facilmente condizionamenti ormai consolidati. Ma è doveroso fare con impegno tutto il possibile per stimolare la sensibilità di coloro a cui compete l’applicazione dei tanti provvedimenti correttivi e necessari.
In qualsiasi settore delle proprie attività, l’agricoltura non può rinunciare a quanto necessario per ogni singolo prodotto. Ma occorre richiamare l’attenzione sull’importanza che assume il solidale atteggiamento delle tante attività primarie. Ad esempio, tutte le numerose Associazioni rappresentative di categorie, tutte le componenti di una stessa filiera (dai produttori delle materie prime, alle industrie di trasformazione, ai vari livelli della distribuzione), così come tutte le imprese cooperative o autonome che operano in una stessa area (agricola o rurale, industriale, artigianale, commerciale, ecc.).
Ho usato solo alcuni dei miei tanti ricordi accumulati, positivi e negativi. Ho inteso solo stimolare e aiutare a riflettere su ciò che sta accadendo.