Olio: la cultura del prodotto a tutela del consumatore

di Alfredo Marasciulo
  • 27 July 2011
Non occorre essere degli esperti per percepire la scontentezza diffusa di gran parte degli operatori del settore della produzione e del commercio dell’olio extravergine di oliva che lamentano una crescente difficoltà nel vendere il loro prodotto a prezzi remunerativi.
Tale stato di fatto, che a prima vista potrebbe essere scambiato per il problema principale, in realtà non è altro che una delle conseguenze di quello che, secondo me, è il vero problema che attanaglia l’olio extravergine di oliva, limitandone il consumo e la crescita sui mercati: la sua scarsissima conoscenza da parte del consumatore.
A conferma di quanto sostenuto basti pensare che la maggior parte dei consumatori non solo non conosce, ad esempio, la differenza tra olio extravergine di oliva ed olio di oliva, ma molto spesso confonde le caratteristiche organolettiche proprie del prodotto genuino e di qualità, con i difetti analitici. Il caso più evidente è quello della sensazione di piccante presente in differente intensità in tutti gli oli extravergini di oliva, che viene erroneamente interpretata da molti consumatori come indicatore di alta acidità del prodotto.
Per tentare di ovviare al succitato problema non resta pertanto altra strada che creare una cultura di prodotto che permetta al consumatore di comprendere almeno le differenze principali tra i numerosi oli presenti sul mercato ed, al contempo, gli consenta di effettuare una scelta di acquisto più consapevole premiando gli oli di qualità migliore.
Chiariamo una volta per tutte di cosa stiamo parlando.
L’olio extravergine di oliva non è altro che una semplice spremuta di un frutto, l’oliva e, come in ogni spremuta, la sua qualità dipende da quella di questo frutto e da come lo si spreme.  Chiarito questo concetto è importante sottolineare come non tutte le spremute di oliva posseggono le caratteristiche per essere classificate come olio extravergine.
Un esempio ci aiuterà a comprendere meglio quanto appena detto.
Tralasciamo l’olio extravergine e parliamo di una spremuta che conosciamo meglio: quella di arancia. Immaginiamo di spremere delle arance acerbe e completamente verdi, poi delle arance sane ed al giusto livello di maturazione e, da ultimo, delle arance avvizzite e marce.
Avremo tre differenti spremute che pur provenendo tutte dall’arancia, avranno sensibili differenze di caratteristiche e di gusto.
E’ solo un esempio che aiuta a comprendere quante differenze ci possono essere pur partendo dallo stesso frutto. Per la spremuta di olive vale esattamente lo stesso principio. Per ottenere un olio extravergine di oliva bisogna infatti partire da olive sane, raccoglierle al giusto livello di maturazione e spremerle correttamente nel più breve tempo possibile dopo la raccolta al fine di evitare possibili fermentazioni ed ossidazioni che danneggerebbero il prodotto.
Se anche uno solo di questi elementi venisse meno, la spremuta di olive avrà un sapore ed un odore sgradevole ed in più avrà delle caratteristiche chimiche che risentiranno di questi errori.