La locusta del deserto: Schistocerca gregaria

di Santi Longo
  • 12 February 2020

Nel luglio dello scorso anno, il Servizio di Prevenzione Locusta del deserto (DLIS) della Fao, che ha sede a Roma, e che controlla quotidianamente le condizioni climatiche ed ecologiche, nonché la situazione delle popolazioni dell’ortottero, ha segnalato che, le intense piogge verificatesi nello Yemen, avevano creato le condizioni ottimali per la formazione dei giganteschi sciami che, dal gennaio di quest’anno, hanno infestato circa 10.000 Km quadrati in Kenia. Tali orde rappresentano un grave ricorrente problema in Etiopia, Sud Sudan, Uganda e Somalia.
Il Ministero dell’Agricoltura di quest’ultimo Paese ha recentemente dichiarato lo stato di emergenza per fronteggiare le gravi infestazioni. Considerata la gravità della situazione nel Corno d’Africa, l’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, ha chiesto lo stanziamento di 70 milioni di dollari per intervenire contro il polifago insetto che, per la capacità di aggregarsi in enormi sciami, in grado volare rapidamente su grandi distanze, è considerato un pericolo per tutte le colture.
I danni causati dalla locusta sono citati sia nella Bibbia che nel Corano e sono indicati come responsabili delle ricorrenti carestie nella regione etiopica. Nel secolo scorso, gravi infestazioni si sono verificate, nel 1915, in Palestina e, sempre nell’area di diffusione della specie, tra il 1926 e il 1934, dal 1940 al 1948, dal 1967 al 1969 e dal 1987 al 1989. Durante quest’ultima pullulazione, alcuni brandelli di sciami sono giunti nell’Europa meridionale, e si ritiene che altri brandelli, abbiano attraversato l’Atlantico fino ai Caraibi; di certo un consistente numero di locuste ha raggiunto la Sicilia e il litorale laziale; inoltre, alcuni esemplari, sono stati rinvenuti anche in Campania e in altre regioni. Le migliaia di cavallette riscontrate, nel maggio del 1988, nel centro storico di Siracusa e, in misura minore, anche a Catania e in altri centri dell’Isola, hanno suscitato ingiustificati allarmi per il timore di una improbabile invasione. L’arrivo del suddetto brandello di sciame, era stato favorito dai forti venti che, dalla fine di aprile, spiravano dall’Africa alla Sicilia. A tali ricorrenti eventi climatici si debbono i periodici arrivi di individui sbandati che, sfiniti dal lungo volo, giungono in Sicilia, in Sardegna e in varie regioni peninsulari, dove non trovano condizioni compatibili con la loro sopravvivenza (temperature superiori a 30°C); a Lampedusa, l’ultimo consistente arrivo risale al 2012. La specie, nella fase solitaria, è diffusa in un’area di circa 16 milioni Km quadrati, che si estende dalla Mauritania, al Nord Africa, alla penisola arabica, fino all’India nord-occidentale. Gli adulti solitari, sono lunghi fino a 75 mm, di colore grigio paglierino; quando gli stadi giovanili, presenti nei siti di stazionamento primaverili dell’Arabia, o in quelli estivi del Nord Africa e della Mauritania, si concentrano sulla rada tenera vegetazione, ovvero vengono a contatto, anche per breve tempo, con adulti trasportati dal vento, la produzione di specifici feromoni di aggregazione, determina la sincronizzazione dello sviluppo e il raggiungimento della maturità sessuale degli adulti che, in tale fase gregaria, si aggregano in sciami sempre più numerosi. Le femmine gregarie hanno il corpo lungo 60-70 mm, di colore giallo isabellino con fascia più o meno chiara sul capo e sul pronoto, il cui margine posteriore è arcuato; sulle tegmine, più lunghe dell’addome, sono presenti macchie bruno-nerastre. Gli sciami di adulti immaturi si spostano seguendo la direzione del vento e sono in grado di volare per 20 ore di seguito, coprendo anche 150 Km al giorno, verso zone a bassa pressione barometrica dove più frequenti sono le piogge che favoriscono lo sviluppo delle uova e assicurano tenera vegetazione agli stadi giovanili. Tali aggregazioni possono essere costituite da 500 milioni di individui per Kmq e coprire una superficie superiore a 1.000 Kmq, all’interno della quale arrivano a distruggere fino a 100.000 tal giorno di vegetazione.
La locusta del deserto è considerata uno dei principali ostacoli allo sviluppo dell’agricoltura nella sua area di diffusione che, nella fase gregaria, si estende a nord fino alla Spagna meridionale e alla Russia, mentre a sud si spinge in Nigeria e Kenia, a est in India e nel Sud-ovest asiatico. I numerosi nemici naturali non sono in grado di controllare le pullulazioni della locusta nella fase gregaria, ed è pertanto necessario intervenire con vari mezzi di lotta. I trattamenti insetticidi, effettuati nel 2019, sia da terra, che con mezzi aerei, su oltre un milione di ettari in Iran, Arabia Saudita e Sudan, hanno ridotto le popolazioni del fitofago senza tuttavia impedire la formazione e la migrazione di sciami nelle zone estive di riproduzione del Sudan, dello Yemen e del Corno d’Africa, dove sono in corso monitoraggi e interventi aerei e da terra, che trovano ostacoli nella precarietà delle aree di riproduzione delle locuste e nelle insufficienti dotazioni di fondi e di mezzi disponibili.