La cucina nei fumetti

di Giovanni Ballarini
  • 03 March 2021

Dalla più profonda antichità i bambini hanno conosciuto la preparazione degli alimenti vivendo in cucina, fino a quando non sono arrivati i fumetti e poi i cartoni animati del cinema e della televisione. Il fumetto, come oggi conosciuto, nasce negli Stati Uniti d’America nel 1895 sul New York World quando il celebre giornalista Joseph Pulitzer (1847 – 1911) per incrementare le vendite del suo giornale pubblica un supplemento domenicale per l’infanzia contenente le storie a immagini e colori di Yellow Kid di Richard Felton Outcauld e dal disegno letterario nasce il fumetto come strumento educativo. Pochi anni dopo, il 10 settembre 1904, sul New York Evening Telegram inizia a comparire il Dream of the Rarebit Fiend (Il sogno del divoratore di crostini) di Windsor Mckay con lo pseudonimo di Silas, un fumetto che con trovate grafiche innovative racconta gli incubi di un uomo che ha mangiato troppo pesante. Da allora il cibo, le cucine e i ristoranti sono presenti nei fumetti, a volte come protagonisti, ma più spesso come personaggi divenuti anche icone o parti di narrazione, ambientazione e anche illustrazione di ricette, e i fumetti divengono un nuovo canale di educazione alimentare per i bambini ma anche gli adulti. Oggi i food comics possono essere divisi in quelli che narrano le vicende di grandi chef, che illustrano ricette della tradizione, e quelli che raccontano storie che si svolgono attorno ai ristoranti o che comprendono un po’ di tutto sul cibo.
Il fumetto ha conosciuto una incredibile diffusione e successo e del loro ruolo sulla educazione e come mezzi di diffusione di conoscenze molti si sono occupati, sviluppando discussioni talvolta anche accese riguardanti aspetti positivi e negativi. Gianni Rodari (1920 – 1980) nella Grammatica della fantasia (Giulio Einaudi Editori, 1973) annota che al bambino che legge i fumetti gli oggetti si presentano in una disposizione mutata: bisogna immaginare il percorso compiuto da ciascuno di loro dalla disposizione primitiva alla nuova. Tutto questo lavoro è affidato alla mente del bambino e per questo il fumetto è utile per un primo approccio alla lettura, perché la lettura non si riduce alle figure e ai disegni, ma fa un continuo ricorso al discorso diretto e sviluppa la capacità di cogliere i dettagli. Per questo il fumetto può essere utilizzato come veicolo di messaggi da far arrivare ai minori e educarli anche alla cucina.
La relazione fra cibo e fumetti è iniziata oltre un secolo fa, quando in Italia non vi sono ancora le nuvolette e i fumetti non sono soltanto un mezzo d’educazione infantile, ma anche d’informazione e conoscenza degli adulti su cucine di grandi cuochi, di cucine esotiche o di paesi lontani, come dimostrano numerose pubblicazioni, soprattutto straniere, alcune delle quali tradotte in italiano come il reportage a fumetti In cucina con Alain Passard di Christophe Blain (Bao Publishing, 2014) che descrive la vita quotidiana dello chef del ristorante l’Arpége. Diverse sono le pubblicazioni che con l’uso di fumetti illustrano l’esecuzione di ricette e in numerosissimi libri a fumetti vi sono cibi, cucine e quanto vi ruota attorno per dare un senso ai protagonisti di una storia, descrivere l’ambiente dove questa si svolge, dare un senso alla cultura di un popolo reale o soltanto immaginato, come le bistecche di dinosauro nei Gli Antenati (The Flintstones) creati nel 1959 da William Hanna e Joseph Barbera, o gli hamburger nei panini di Poldo Sbaffini nei fumetti di Braccio di Ferro (Popeye) creati nel 1929 da Elzie Crisler Segar e comparsi in Italia nel 1935. Se i fumetti di Braccio di Ferro contribuiscono alla fortuna di una ditta che producono spinaci in scatola e dei coltivatori di spinaci, tanto che nel Texas i contadini di Crystal City gli innalzano una statua, non bisogna dimenticare che Poldo Sbaffini (J. Wellington Wimpy) è un furbo, scroccone, adulatore, imbroglione perennemente affamato di hamburger tanto che dà il suo nome alla catena di fast food inglese Wimpy e che già negli anni trenta del secolo scorso fa conoscere ai bambini italiani gli hamburger, per un certo aspetto aprendo la strada al successo dei fast food del boom economico degli anni sessanta.
Che i fumetti possano contribuire a far conoscere cucine e cibi di paesi lontani e quindi facilitarne l’arrivo e la diffusione in Italia avviene oggi per le cucine orientali che sono dettagliatamente illustrate nei fumetti soprattutto giapponesi di attuale successo. Per esempio in Gourmet, volume unico a fumetti e pubblicati in Italia da Panini Comics, disegnato da uno degli autori più significativi del panorama giapponese Jiro Taniguchi con i testi di Masayuki Qusumi, il protagonista costretto a viaggiare molto in ogni parte del Giappone in locali pubblici ha una predilezione per il cibo al quale dedica estrema concentrazione e calma interiore volta ad assaporare ogni singolo piatto. I primi episodi sono dedicati al riso saltato con maiale, al sushi bar, alle polpette dolci; in tutte le storie l’attenzione è rivolta ai dettagli, del cibo quanto delle persone che lo mangiano. Le immagini del fumetto sono estremamente dettagliate quando si tratta di rappresentare ambienti e cibo, dando un’ampia visione delle tradizionali ricette giapponesi e diversa natura dei locali in cui sono servite, potendo divenire un’ottima introduzione all’introduzione della cucina giapponese in Italia. Sempre per le cucine orientali a fumetti Cook Corean! A Comic Book di Robin Ha (Ten Speed Press, 2016) insegna a preparare un kimchi a regola d’arte e Let’s Make Ramen di Hugh Amano e Sarah Becan (Ten Speed Press, 2019) descrive il ramen in tutte le sue componenti e ne insegna la preparazione. Per la cucina italiana non manca il libro di Boyd Jacquie – Fumetti in cucina. 40 ricette italiane e un’edizione del celebre trattato di Pellegrino Artusi liberamente illustrato con trentacinque fumetti di Alberto Rebori e pubblicato nel 2001 dall’editore Maurizio Corraini.