Il contributo degli insetti come ingredienti alimentari per salvare il pianeta

di Mauro Antongiovanni
  • 14 April 2021

Già da qualche tempo la stampa internazionale specializzata indica all’attenzione degli specialisti del settore mangimistico le farine di insetti come ingrediente alimentare proteico alternativo alla soia. La coltura della soia viene, infatti, considerata la principale responsabile della deforestazione delle aree pluviali, deforestazione che, a sua volta, contribuisce alla diminuzione della quota di CO2 catturata per fotosintesi dall’atmosfera. Il che vuol dire aumento dei gas serra e, quindi, del problema del riscaldamento globale. Quest’ultimo fatto, poi, aggrava l’incidenza dei fenomeni estremi come la perdita di biodiversità, la siccità e la desertificazione di vaste aree, le forti precipitazioni con i conseguenti disastri idrogeologici in altre aree, lo scioglimento dei ghiacci polari, le migrazioni di intere popolazioni. Sembra che ogni due secondi venga disboscata un’area equivalente a quella di un campo di calcio. Ed è meglio fermarci qui.
Quindi: se continuiamo ad usare la soia per alimentare i nostri animali, contribuiremo in poco tempo a rendere il nostro pianeta inabitabile.
Se così stanno le cose, ben venga un ingrediente alimentare proteico validamente alternativo. Ed ecco le farine di insetti.
L’economia circolare delle biomasse in agricoltura è la chiave di una agricoltura sostenibile ed efficiente e l’allevamento di insetti da impiegare come mangimi è di particolare utilità in questo senso, in quanto utilizzatori di scarti alimentari di varia provenienza, domestica ed industriale, ed all’origine di alimenti proteici di elevato valore biologico.
Se consideriamo che l’Unione Europea, nel suo insieme, nel corso dell’annata 2018-2019 ha contribuito solo per lo 0.7% alla produzione mondiale di soia, con 25 milioni di tonnellate e che Stati Uniti, Brasile e Argentina, da soli, ne hanno prodotta l’82%, viene spontaneo guardare alle potenzialità di disporre, da noi, di fonti proteiche alternative alla soia, molto più convenienti da tutti i punti di vista, commerciale e, soprattutto, per l’ecosistema.
L’allevamento della mosca “Black soldier” (Hermetia illucens L.) oggetto di importanti studi nel nostro Paese presso alcune università, appare promettente: è ritenuto l’insetto a crescita più veloce, contribuendo, così, ad alleviare anche il problema della gestione degli scarti alimentari utilizzati per la sua alimentazione. Può essere allevato al chiuso, in condizioni controllate e può essere prodotto localmente, ovunque nel mondo.
Le caratteristiche di composizione media delle larve di "Black soldier" sono le seguenti, espresse sulla sostanza secca: proteina grezza, 42%; estratto etereo, 26%; ceneri, 21%, fibra, 7%. Importanti sono gli apporti di acido linoleico, vitamina B12, potassio, rame, sodio, selenio ferro e zinco.
L’impiego delle farine di insetti in alimentazione animale è già stato autorizzato in Europa dal 2017 e si sta parlando di autorizzare anche il suo impiego in alimentazione umana, non so con quale fortuna nel nostro Paese.