Dal Crea pane iposodico di grano duro, gustoso come il tradizionale e buono per 90 giorni

  • 22 July 2020

Il pane è, a livello internazionale, l’alimento più consumato con frequenza giornaliera e il prodotto da forno che  apporta nella nostra dieta la  maggiore  quantità  di cloruro di sodio (NaCl), il tradizionale sale da cucina.  Facile, pertanto,  consumandolo, superare la dose giornaliera pari a  5 g, con possibili conseguenze negative per la nostra salute. Quello iposodico – ottenuto cioè dalla semplice riduzione del sale da cucina nell’impasto – oltre ad avere  effetti tecnologici, microbiologici e sensoriali negativi sul prodotto finale, spesso non incontra il favore dal consumatore italiano.
La sfida  che si è posto il progetto “Impiego e valutazione di fibre e sostanze nutraceutiche per l’ottenimento di prodotti da forno salutistici”, finanziato dalla Regione Siciliana, è quella di ottenere un pane povero di sodio, ma ricco di gusto.
Il team di ricercatori coordinato da Alfio Spina, ricercatore del CREA Cerealicoltura e Colture Industriali, ha sperimentato una soluzione tecnologica innovativa che prevede l’impiego di un sale marino sotterraneo, proveniente dal deserto cileno di Atacama e contenente una bassa percentuale di sodio (il 35% in meno del sale tradizionale), il 30% di KCl (cloruro di potassio) e tracce di altri sali e minerali che conferiscono sapidità.
Il risultato è un pane di grano duro, con un contenuto di sodio molto limitato, che  però mantiene intatte le caratteristiche chimico-fisiche, sensoriali e addirittura di shelf-life, durante l’intero periodo di conservazione (90 giorni).
È, a pieno titolo, un alimento funzionale salutistico, che può fregiarsi dei claims “a ridotto contenuto di sodio” e “a ridottissimo contenuto di sodio”, in quanto rispetta le specifiche europee previste in etichetta.
“Si tratta – spiega Alfio Spina – di un’importante innovazione di prodotto nel settore della panificazione industriale del frumento duro: un pane sufficientemente sapido e gustoso da gratificare il palato dei consumatori, ma con il 35% di cloruro di sodio in meno. Un risultato tale da far quasi dimezzare il contenuto di sodio nel pane prodotto con la percentuale di sale normalmente impiegata (1,70%) e da far rientrare i pani ottenuti con le percentuali inferiori di sale (0,35% e 0,15%), fra i prodotti alimentari che possono riportare in etichetta indicazioni nutrizionali, rispettivamente ‘a ridotto contenuto di sodio’, cioè inferiore allo 0,12%, e ‘a ridottissimo contenuto di sodio’, ossia inferiore allo 0,04%”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Foods il 5 giugno scorso.

Fonte in open access: https://www.mdpi.com/2304-8158/9/6/752

da: Agricultura.it, 13/7/2020