Coronavirus: "E' ora di chiudere i mercati di fauna selvatica illegali"

  • 15 April 2020

A puntare il dito contro i luoghi da dove tutto potrebbe essere iniziato adesso sono anche gli stessi cittadini asiatici.  Da tre mesi, dall'inizio dei contagi sino alla dichiarazione di pandemia globale legata al Covid-19, improvvisamente si sono accesi i riflettori sui mercati di fauna selvatica dell'Asia, in particolare quelli della Cina, spesso noti anche come wet market. Mercati come quello di Wuhan e altri dove vengono venduti, tra le tante cose, anche animali vivi o morti, dai cani a rettili di grandi dimensioni, dai gatti sino ai pangolini o ai pipistrelli, con questi ultimi oggi al centro del grande interrogativo su come il virus sia passato dagli animali all'uomo.
Dopo l'inizio del contagio la Cina ha vietato temporaneamente l'apertura dei mercati di fauna selvatica e il 24 febbraio ha annunciato un divieto assoluto di consumo di animali selvatici.
Alcuni mercati, come nella città cinese di Shenzhen alle porte di Hong Kong, hanno deciso di vietare per esempio il consumo della carne di cani e gatti dal 1 maggio in poi, un bando che potrebbe diventare permanente. Le chiusure, momentanee e collegate alla crisi in corso, potrebbero però presto essere revocate quando in Asia si assaggerà un completo ritorno alla normalità. Gli animali venduti nei mercati sono al centro della cultura e cucina asiatica e vengono usati anche per la medicina tradizionale cinese, è quindi probabile che verranno riaperti.
Una azione che, secondo quanto dichiarato da Elizabeth Maruma Mrema, responsabile ad interim della convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità, andrebbe scongiurata, visto che questi mercati potrebbero essere al centro della diffusione di pandemie. "Il messaggio che stiamo ricevendo è se non ci prendiamo cura della natura, lei si prenderà cura di noi - ha detto Mrema a The Guardian. -  Sarebbe bene vietare i mercati degli animali vivi", mentre Jinfeng Zhou, segretario generale della China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation, si è espresso invitando le autorità a rendere permanente il divieto sui mercati della fauna selvatica.
Adesso, racconta il Wwf in nuovo sondaggio, anche i cittadini asiatici sarebbero pronti a dire addio ai mercati di fauna selvatica. "Oltre il 90% degli intervistati nel Sud-est asiatico e a Hong Kong è favorevole ad una chiusura da parte dei governi dei mercati illegali o non regolamentati di fauna selvatica", sostiene il Wwf International ricordando che la violenza con cui è divampata l'emergenza da Covid-19 "ha evidenziato il legame tra malattie zoonotiche - quelle trasmesse dagli animali all'uomo - e mercati di fauna selvatica".
Il sondaggio Wwf è stato condotto a marzo tra 5 mila intervistati provenienti da Hong Kong, Giappone, Myanmar, Tailandia e Vietnam. L'82% degli intervistati si è detto  estremamente o molto preoccupato per l'epidemia e il 93%  sostiene le azioni dei loro governi per eliminare i mercati illegali e non regolamentati.
A chiedere una chiusura definitiva dei wet market c'è anche Animal Equality, associazione che ha lanciato una petizione che ha già raccolto 200 mila firme, metà delle quali in Italia, sottolineando come "questi mercati non solo rappresentano un pericolo immediato per gli esseri umani, ma sono anche terribilmente crudeli e disumani nei confronti degli animali".

Da Repubblica.it, 7/4/2020