Flavescenza dorata della vite e suoi tratti cromatici di maligna bellezza

di Bruno Bagnoli e Andrea Lucchi
  • 25 January 2023

L'autunno ha sempre avuto sui Monti del Chianti, là dove si distende l’area di produzione del vino “Chianti Classico”, colori straordinari. Nel 2022, qui e in altri distretti della Toscana centrale, nello splendore di giornate terse, non è stato infrequente notare in vigneti frammisti a boschi e oliveti, spot di belle tonalità di rosso, nello sfondo di verdi e gialli pastello.
Sulla bellezza di questi rossi c'è stato e c’è poco da eccepire, specie quando la luce del sole si fa radente. Sul loro significato può invece irrompere il concetto di "tremendo", se a un rilievo più prossimo e più competente, è possibile constatare che non si tratta di una variazione cromatica delle foglie di vite di ordine fisiologico e varietale (come a fine stagione vegetativa si ha di solito su diversi vitigni a bacca rossa, quali Colorino, Malvasia nera, Merlot, Syrah, ecc.), ma di possibili sintomi di una fitopatia, in quanto accompagnati da mancata lignificazione dei tralci (agostamento), e riduzione significativa o assenza di produzione.
In questi casi è possibile trovarsi in presenza di “giallumi della vite” ovvero di malattie dovute a fitoplasmi (batteri privi di parete cellulare assegnati al taxon dei Mollicutes) che hanno colpito viti di varietà a bacca rossa, giacché sulle cultivar bianche le alterazioni cromatiche delle foglie tendono al giallo.
Da qui può discendere una delle domande più vecchie al mondo, a cavallo dell’estetica e della sanità degli organismi viventi: la “bellezza” delle avversità biotiche di piante e animali e delle loro espressioni sintomatiche può essere definita ancora “bellezza”? Senza avventurarsi nella “Critica del giudizio” di Kant e lasciando ai filosofi il piacere di parlarci del rapporto “percezione del bello – sanità di un organismo”, da entomologi che maneggiano sempre e comunque “bestie” bellissime, è facile avanzare l’idea che almeno una delle massime espressioni di bellezza stia nell’equilibrio dinamico lungo la catena trofica.
Tornando ai fitoplasmi, individuati, studiati e compresi solo da pochi decenni, essi sono microrganismi unicellulari del tutto simili ai batteri, dai quali si distinguono morfologicamente in primis per la mancanza di parete cellulare e, biologicamente, soprattutto per essere associati unicamente al floema delle piante.
I fitoplasmi furono scoperti per la prima volta da Doi et al. nel 1967 e per la loro somiglianza ai micoplasmi, noti agenti di numerose malattie degli animali e dell’uomo, sono stati definiti MLOs (Mycoplasma-like organisms) fino a quando al 10° Congresso dell’Organizzazione Internazionale di Micoplasmologia” del 1994, non fu deciso di adottare il termine fitoplasmi (Hogenhout et al. 2008).
I fitoplasmi sono parassiti obbligati viventi a spese del tessuto floematico delle piante e ad oggi non risultano coltivabili in vitro. Da detta condizione deriva sia l’impossibilità di verificarne la patogenicità secondo i noti classici postulati di Henle & Koch (volti a stabilire la relazione di causa-effetto fra un microrganismo e la conseguente malattia), sia la necessità di ricorrere per la loro diagnosi a tecniche molecolari di PCR (Polymerase Chain Reaction) e RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism), per poterli assegnare a un “gruppo 16S rDNA” o a un “Candidatus (Ca) Phytoplasma”.
In natura essi sono trasmessi da un ospite vegetale a un altro grazie all’attività floemomiza di insetti ad apparato boccale pungente-succhiante, tutti appartenenti all’ordine Hemiptera e ripartiti tra le famiglie Cicadellidae Deltocephalinae (sottordine Cicadomorpha), Cixiidae e Dictyopharidae (sottordine Fulgoromorpha) e Psyllidae (sottordine Sternorrhyncha) (Weintraub & Jones, 2010; Trivellone, 2019; Trivellone & Flores, 2019). Questi animali (presso i quali i giovani assomigliano agli adulti, dimensioni corporee, apparato riproduttore e ali a parte) presentano un comune tipo di sviluppo detto eterometabolico che passa attraverso quattro stadi [uovo, neanide, ninfa (provvista di abbozzi alari), adulto], cinque età preimmaginali (due di neanide e tre di ninfa o viceversa) e complessivamente cinque mute.
Negli insetti vettori, il fitoplasma, ingerito insieme al nutrimento proveniente dalle cellule floematiche attraverso il canale alimentare degli stiletti mascellari, raggiunge l’esofago per poi moltiplicarsi a spese di quasi tutti gli organi dell’ospite animale e quindi svilupparsi ulteriormente e accumularsi nelle ghiandole salivari. Superato un periodo di latenza lungo di solito tre-quattro settimane, l’insetto vettore da infetto diventa infettivo ed è in grado di inoculare le cellule fitoplasmatiche nel floema di piante nutrici attraverso il canale salivare, posto ventralmente al canale alimentare degli stessi stiletti mascellari.
La trasmissione di fitoplasmi operata da insetti vettori competenti è in genere (diversamente da quella di virus e batteri) di tipo persistente-propagativo, ovvero richiede la moltiplicazione del fitoplasma nel corpo dell’animale e rimane possibile anche a seguito delle mute.
Le due principali fitoplasmosi della vite in Italia sono la Flavescenza dorata (FD) e il Legno nero (LN), rispettivamente dovute ai fitoplasmi dei gruppi ribosomali 16SrV-C e 16SrV-D e a quelli del gruppo 16SrXII-A, da tempo classificato come Candidatus Phytoplasma solani (Belli et al., 2010).
I fitoplasmi delle due malattie non sono aggressivi allo stesso modo nei confronti dei diversi vitigni, ma sulle varietà sensibili la maggior parte dei sintomi è comune alle due malattie, che pertanto rimangono diagnosticabili solo mediante analisi molecolare per il rilevamento dei relativi fitoplasmi. I due giallumi si palesano come tali principalmente a livello di: 1) foglie (che subiscono alterazioni tissutali, morfologiche e cromatiche, risultanti quest’ultime su Sangiovese e altri vitigni a bacca rossa di un bel rosso acceso e ben definite dalle nervature del lembo fogliare); 2) tralci (che non conseguono il normale processo di lignificazione e assumono consistenza gommosa); 3) grappoli (che rimangono di dimensioni ridotte e vanno incontro ad appassimento degli acini). Lo sviluppo stentato e soprattutto il disseccamento delle infiorescenze costituiscono altri due possibili sintomi, di solito più frequentemente associati a FD che a LN.
L’incidenza/dannosità dei due tipi di fitoplasmi su vite è molto diversa risultando la FD una malattia assai più grave del LN e avendo spesso, a differenza di questo, una diffusione a carattere epidemico.
Il maggiore impatto sulla viticoltura europea della FD rispetto al LN ha fatto sì che il complesso dei fitoplasmi responsabili sia stato classificato da oltre 20 anni “organismo” da quarantena [“Grapevine flavescence dorée phytoplasma”, Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2072 della Commissione, del 28/11/2019, All. II, Parte B; Regolamento di esecuzione (UE) 2021/2285 della Commissione del 14/12/2021, All. VIII; Regolamento di esecuzione (UE) 2022/1630 della Commissione del 21/09/2022].
I due principali insetti vettori dei due differenti tipi di fitoplasmi sono la cicalina di origine neartica Scaphoideus titanus Ball, 1932 (Hemiptera Cicadomorpha Cicadellidae Deltocephalinae) per FD e la cicalina indigena Hyalesthes obsoletus Signoret, 1865 (Hemiptera Fulgoromorpha Cixiidae) per LN. Mentre questa seconda specie è ampiamente polifaga ed erratica nel vigneto con occasionale attività trofica su vite, S. titanus è strettamente associato al genere Vitis su cui è in grado di svolgere l’intero suo ciclo monovoltino, con: 1) svernamento allo stadio di uovo prevalentemente deposto nel ritidoma dei rami di due o più anni; 2) schiusura delle neanidi dalla terza decade di maggio ai primi di luglio; 3) massima presenza delle forme giovanili solitamente in giugno; 4) curva di presenza dei longevi adulti (prima maschi e poi femmine) in luglio-ottobre, con picco demografico frequentemente in agosto (Chuche & Thiery, 2014; Alma et al., 2018).
I caratteri epidemici delle due malattie sono sostanzialmente dettati dai rapporti dei loro vettori con il vigneto e la vite. Nel caso del LN, la vite si configura a tutt’oggi come ospite terminale del Ca. P. solani, non essendo stato accertato alcun insetto (dentro e fuori i Cixiidae) in grado di acquisire il fitoplasma da vite, passare dalla condizione di infetto a quella di infettivo (superando il periodo di latenza) e trasmetterlo a vite. Nel caso della FD, la stretta associazione di S. titanus con la vite permette al vettore di acquisire i fitoplasmi responsabili della malattia dalla propria primaria pianta nutrice, e una volta che questi si sono accumulati nelle sue ghiandole salivari di trasmetterli alle piante dello stesso genere Vitis.
Nel 2009, Filippin et al. accertarono in Veneto la potenzialità della vitalba [Clematis vitalba L. (Ranunculaceae)] di essere ospite del fitoplasma 16SrV-C e al tempo stesso evidenziarono come la cicalina polifaga Dictyophara europaea (Linnaeus, 1767) (Hemiptera Fulgoromorpha Dictyopharidae) possa, nutrendosi da giovane su detta pianta, acquisire e poi da adulto occasionalmente portare il fitoplasma su vite, secondo un ciclo aperto del tutto analogo a quello accennato per LN.
Questa scoperta è stata di fondamentale importanza per la storia della fitoplasmologia poiché rivela che i fitoplasmi della FD sono verosimilmente di origine paleartica e che le diffusioni epidemiche della malattia hanno incominciato a manifestarsi in Europa solo dopo l’arrivo dell’insetto nord-americano, strettamente ampelofago, S. titanus, segnalato per la prima volta alla fine degli anni ’50 nel sud della Francia e agli inizi degli anni ‘60 in Liguria (Vidano, 1964).
In Italia il controllo del binomio FD – S. titanus è tuttora sostanzialmente regolato dal Decreto Ministeriale n° 32442 del 31/05/2000 recante “Misure per la lotta obbligatoria contro la Flavescenza Dorata della vite”. Questo Decreto è stato per la prima volta recepito dalla Regione Toscana nel 2003, a seguito del ritrovamento, prima di esemplari di S. titanus nel 1998 in provincia di Massa Carrara (Santini & Lucchi, 1998) e poi di viti affette da FD nel 2002 nella stessa provincia (Bertaccini et al., 2003).
Nell’ultimo ventennio molto impegno è stato profuso dalle istituzioni di ricerca e dai servizi fitosanitari regionali, sia in diversi paesi del sud Europa (Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Slovenia, ecc.) che in Italia, specie per le regioni centro-settentrionali, in ordine soprattutto alla FD. Al riguardo, oltre ai molti Convegni internazionali e Incontri nazionali sui fitoplasmi e le malattie da fitoplasmi (l’ottavo dei quali si è tenuto in modalità telematica il 14-15/10/2021, grazie all’organizzazione del Di3A dell’Università di Catania), merita ricordare per le pagine di questo notiziario la Giornata di studio del 06/12/2006 su “Fitoplasmi e fitoplasmosi di vite pomacee e drupacee”, organizzata dall’Accademia dei Georgofili, e la Tavola rotonda del 21/02/2020 su “Insetti vettori di agenti patogeni”, organizzata dall’Accademia Nazionale Italiana di Entomologia, nonché l’interessante nota di Maurizio Conti per Georgofili INFO del 10/03/2021 su “Infezioni epidemiche su colture agrarie”. Con un più stretto riferimento alla Toscana, merita altresì ricordare il Quaderno ARSIA 3/2005 su “Flavescenza dorata e altri giallumi della vite in Toscana e in Italia” a cura di Bertaccini & Braccini, e il recentissimo lavoro di Pierro et al. (2023) “Multilocus sequence typing of phytoplasmas associated with Flavescence dorée disease in Tuscany vineyards identifies a highly homogeneous lineage in the subgroup 16SrV–C”.
Nonostante un’ “attenzione” nei confronti di FD, mai persa sebbene periodicamente ridottasi a causa di altre importanti emergenze fitosanitarie (prima fra tutte quella dovuta a Xylella fastidiosa), la malattia con i suoi casi di diffusione epidemica ha continuato a costituire una minaccia per la produzione viticola mostrando in anni recenti addirittura una significativa recrudescenza nelle stesse regioni del nord d’Italia, storicamente più attrezzate ed esperte a mettere in atto misure di contrasto. Prova di ciò sono i convegni tecnici che in Veneto come in altre regioni si sono succeduti prima e durante l’emergenza Covid-19 e le indagini condotte da “L’Informatore Agrario” in questi ultimi anni (Armentano, 2022).
Particolarmente emblematico è il quadro dei fenomeni che si è andato mostrando in Toscana nell’ultimo triennio. In effetti, in termini generali sembra essersi ridotto significativamente il positivo divario di preoccupazione rispetto alle regioni da sempre più colpite dalla malattia (vedasi le relazioni del seminario web organizzato dal Servizio Fitosanitario della Regione Toscana insieme al DISAAA-a dell’Università di Pisa e svoltosi il 15 marzo 2022).
Un dato continua comunque a essere confortante, quello che nei contesti aziendali in cui è espressa una tradizione consolidata di viticoltura ‘di precisione’, declinabile come ‘attenta’, ‘monitorata’, ‘colta’ e ‘premurosa’, i casi di FD eventualmente presenti permangono isolati ed estranei a fenomeni epidemici.
Come è sempre successo nella storia recente della giovane branca biologica della fitoplasmologia, sembra esserci uno stretto parallelismo fra diffusione epidemica di FD e crescita demografica sul territorio delle popolazioni del principale vettore dei fitoplasmi associati alla malattia, il cicadellide S. titanus.
Ad oggi, mentre la malattia non può essere direttamente contrastata se non con l’eliminazione dal vigneto delle piante colpite (forma di “sanitation”), S. titanus può e deve essere limitato nelle sue popolazioni attraverso adeguate misure di ordine fitoiatrico con l’obiettivo di avere vigneti esenti da FD e tutt’al più interessati da bassissima presenza del vettore.
Da quanto sopra emerge in estrema sintesi che idonee Linee guida regionali debbano indirizzare verso: 1) la necessità assoluta di estirpo delle piante affette; 2) la necessità assoluta di un corretto monitoraggio degli adulti di S. titanus con trappole cromotropiche principalmente in luglio-agosto; 3) la necessità condizionata di applicazioni insetticide primariamente contro le forme giovanili (neanidi e ninfe) presenti in giugno.
La normativa in materia di prodotti fitosanitari si è fatta (a buon diritto) progressivamente più stringente a favore degli equilibri ecosistemici e della salute dei viventi, uomo debitamente compreso. Ciò ha comportato una contrazione della farmacopea, specie sul fronte dei prodotti organici di sintesi, come esteri fosforici e neonicotinoidi, che non pochi profili professionali di settore considerano unitamente alla promozione e allo sviluppo di metodi di produzione biologica, una delle principali se non la preminente causa di questa recrudescenza di FD. Altri (anche in questo caso non sempre ragionevolmente) attribuiscono ai cambiamenti climatici responsabilità di non poco conto.
Non è questo l’ambito di una discussione in merito, ma senza contrapposizioni di sorta è qui bene ribadire che la prima e più importante difesa del vigneto si ottiene attraverso la conoscenza dello stesso, con particolare riferimento ai suoi processi fisiologici, alle sue fasi fenologiche e alle sue avversità biotiche. Negli ultimi anni la sensoristica vitivinicola e l’informatica ad essa associata hanno fatto passi da gigante (o voli sempre più proficui se scherzosamente consideriamo i droni) ma, pur alla luce della consapevolezza che esistono in vigneto casi di convergenza sintomatologica, la distinzione di una fitoplasmosi, da una virosi, da un mal dell’esca o da una carenza nutrizionale, non richiede niente di più di un minimo di formazione professionale.
Ecco dunque l’accoppiata vincente per fronteggiare adeguatamente il binomio “FD – S. titanus”: “formazione e monitoraggio”, rispettivamente del viticoltore e dell’agro-ecosistema vigneto.
Il termine ‘agro-ecosistema’ casca qui a proposito dal momento che la ‘agroecologia’ continua a evidenziare l’influenza significativa della biodiversità ambientale (paesaggio) sulle componenti e le interazioni trofiche in seno al vigneto. Per i giallumi della vite, indipendentemente che si tratti di FD o di LN, i rapporti di maggiore o minore dipendenza dalla vegetazione perimetrale al vigneto sono piuttosto noti e al tempo stesso ulteriormente da studiare.
Concludendo, e di proposito saltando ogni elemento di indirizzo tecnico gestionale della FD e del suo principale vettore (per il quale si rimanda alle specifiche Linee guida annualmente pubblicate dai Servizi Fitosanitari Regionali, come allegato dei rispettivi decreti dirigenziali, nonché alla parallela documentazione nazionale), riteniamo che meriti con fermezza e senza retorica ribadire l’esigenza sempre più pressante di costanti rapporti interattivi, specie sul piano delle conoscenze e del trasferimento dei risultati della ricerca, tra i vari soggetti che hanno oggi la fortuna di essere operativamente interessati a un maximum di bellezza, quale è la coltivazione della vite.


I riferimenti bibliografici possono essere richiesti direttamente agli autori
(brubagnoli@gmail.com; andrea.lucchi@unipi.it)


Foto: Adulto di Scaphoideus titanus su trappola cromotropica