In pochi decenni è diventato improduttivo il 30% dei terreni coltivabili

  • 17 May 2017
Quasi il 40% della superficie terrestre è utilizzata per attività agricole (pari a 4,4 miliardi di ettari), eppure negli ultimi 40 anni è diventato improduttivo il 30% dei terreni coltivabili. E’ la foto scattata alla vigilia della Giornata Mondiale della Terra (22 aprile) e dell’anniversario della ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition insieme al Milan Center for Food and Law Policy.
In molte regioni i problemi relativi alla qualità del suolo interessano oltre metà delle terre coltivate, specialmente in Africa Sub-Sahariana, in America del Sud, nel Sud-Est Asiatico e in Nord Europa. Insomma, ogni anno il pianeta perde una superficie agricola grande quanto l’Italia. Anche il nostro Paese deve infatti difendersi dal consumo di suolo.
Analizzando i dati si scopre che, negli ultimi 50 anni, a livello globale: la superficie coltivata è aumentata del 12%; è raddoppiata la superficie irrigata globale a causa dell’aumento netto delle terre coltivate; è triplicata la resa delle principali coltivazioni. Intanto, la crescente pressione demografica e il benessere di fasce sempre più ampie di popolazione sta portando ad un nuovo aumento della domanda di produzione alimentare che, al 2050, è stimata in un 70% rispetto al 2009, con picchi del 100% nei paesi in via di sviluppo.
Il pianeta dispone di terreno agricolo coltivabile, che si sta esaurendo. La ricerca di “terre nuove” sta portando a deforestazione e dislocamenti produttivi, come l’acquisto di terre all’estero, che quando avvengono in condizioni non trasparenti e in violazione dei diritti umani alimentano il fenomeno del cosiddetto land grabbing.
Dal 1990 a oggi sono andati perduti 129 milioni di ettari di foresta che equivalgono ad un'area grande quasi quanto il Sudafrica e la produzione alimentare è responsabile dell’80% del fenomeno. Cosa si potrebbe fare concretamente per dare vita a un utilizzo più sostenibile del suolo? Basterebbero 3 semplici mosse, che partono dalla nostra tavola e dalle nostre scelte alimentari, per dare vita a un processo virtuoso che ci aiuterebbe a non “mangiare” il nostro pianeta.
In primo luogo, ridurre lo spreco di cibo: il 40% di quello che viene prodotto non arriva neppure sulla tavola. Usare la terra agricola per produrre cibo, mentre da qui al 2020 saranno ben 40 milioni gli ettari convertiti a coltivazioni per biocarburanti. Infine, scegliere le produzioni di cibo che richiedono minori superfici di suolo. 


Fonte: ADN KRONOS, 19/4/2017