La non gestione rende il bosco instabile: Vallombrosa docet

di Orazio La Marca
  • 29 July 2015
Il 5 marzo di quest’anno diverse località italiane sono state interessate da forti raffiche di vento con danni, talvolta ingenti, ai boschi. Secondo alcune stime in Toscana i danni ammontano a oltre un milione di metri cubi di legname.
Viene spontaneo domandarsi se era possibile prevenire, o quantomeno ridurre, questo tipo di danni.
Nella Foresta di Vallombrosa, anche in assenza di eventi meteorici eccezionali, per effetto di una gestione non adeguata, tutti gli anni i danni dovuti a fitopatie, a neve e vento, ammontano a qualche migliaio di metri cubi di legname. 
La specie maggiormente interessata è rappresentata dall’Abete bianco: naturale a Vallombrosa non nella struttura e consistenza attuale, bensì in piccoli nuclei misti per lo più a faggio.  Per ragioni economiche la coltivazione dell’abete si è notevolmente espansa a scapito di coltivi, di castagneti colpiti dal cancro, di faggete. Dai 255 ha di abetine del 1875, si è giunti ai 664 ha nel 1969.
Sono state adottate densità elevate, che venivano ridotte precocemente per ottenere assortimenti di piccole e medie dimensioni, molto richiesti dal mercato fino agli anni’60 del secolo scorso. La gran parte delle abetine oggi presenti derivano da impianti con oltre 3000 soggetti per ha. Per lungo tempo all’età di 80-100 anni le abetine venivano tagliate a raso e ripiantate. La diffusione dell’abete anche al di fuori del proprio habitat e la ripetuta coltivazione intensiva sullo stesso terreno  ha determinato  non pochi problemi di carattere fitopatologico che si sono accentuati con la mancanza di diradamenti, determinati prima dalla crisi di mercato del materiale legnoso di piccole dimensioni poi da ragioni ideologiche che vedono le foreste, anche quelle di origine antropica, lasciate preferibilmente all’autoregolazione. La mancanza di diradamenti ha determinato anche problemi di statica delle piante in piedi dovuti ad uno sviluppo non armonico tra altezza, diametri e chioma, mentre i mancati tagli di maturità hanno in genere acuito sradicamenti e alterazioni del legname, legati a funghi che determinano marciume radicale.
Le prescrizioni dei Piani di gestione forestale degli ultimi 30-40 anni di favorire la diffusione del faggio e di ripristinare in fase di reimpianto i boschi misti di abete e faggio, come era prima delle profonde trasformazioni operate dall’uomo, sono state disattese per ragioni per lo più ideologiche. 
Nel contempo, per venire incontro alle esigenze paesaggistiche derivanti dalla coltivazione storica dell’Abete bianco nei dintorni dell’Abbazia, era stato programmato il mantenimento dell’abetina pura su una superficie ridotta, a densità adeguate sia in fase di impianto che di coltivazione e l’adozione di cicli produttivi compresi tra 90 e 110 anni. 
Relativamente alle piante abbattute dal vento: nel novembre del 2013 sono caduti circa 20.000 metri cubi di legname. Il 5 marzo 2015 il volume delle piante abbattute è stato ben superiore al 2013. 
E’ ancora presto per fare analisi di dettaglio sulle cause che hanno determinato questo disastro, sicuramente ha inciso l’eccezionalità della forza del vento, non è da escludere però che lo stato di abbandono colturale della Foresta, soprattutto della parte impiantata dall’uomo, abbia reso più fragile il bosco.
La voglia a tutti i costi di cercare il consenso di una certa opinione pubblica, pregiudizialmente contraria a che le piante vengano tagliate, come se il taglio delle piante fosse uno sport degenerato fine a se stesso, ha portato di recente a pianificare per l’intera foresta una selvicoltura impraticabile negli aspetti pratici ed economici e, per le abetine pure nei dintorni dell’Abbazia, un turno di 150 anni, in netto contrasto con tutte le indicazioni che vengono dalla ricerca e dall’esperienza di alcuni secoli di gestione delle abetine di Vallombrosa. Sta di fatto che, a circa 10 anni dall’approvazione, anche questo Piano pare sia rimasto inapplicato.
Si ha ragione di ritenere che per quanto riguarda gli schianti, se non intervengono radicali mutamenti nella gestione, siamo soltanto agli inizi!


The lack of management makes the forest unstable: Vallombrosa docet

On March 5th of this year, many places in Italy were struck by strong blasts of wind which also caused serious damage to the forests. According to some assessments, damage in Tuscany has amounted to over a million square meters of timber.
One wonders if it is possible to prevent, or at least reduce, this kind of damage.
Because of poor management practices in the Vallombrosa forest, the damage caused annually by plant diseases and by snow and wind has amounted to a few thousand cubic meters of timber, even without exceptional weather events.
It is still too early to make a detailed analysis of the causes of this disaster, undoubtedly influenced by the wind’s extraordinary strength. However, it cannot be ruled out that the forest’s state of abandonment, especially the part planted by humans, has made it more fragile.
The desire at all costs to seek the agreement of a public opinion that is commonly contrary to trees being cut, as if cutting them were a harmful and senseless action, has recently led to an unworkable silviculture of the entire forest, both from a practical and economic point of view.