Il benessere animale e la qualità delle produzioni

di Dario Cianci
  • 22 October 2014
I rapporti tra l’uomo e gli animali domestici si sono evoluti nel tempo dall’allevamento transumante all’estensivo, all’intensivo, all’industriale con o senza terra, divenendo nel tempo sempre più stretti e ponendo sempre maggiori problemi alle relazioni tra l’uomo e l’animale ed al loro reciproco benessere. Oggi, con le sempre maggiori esigenze di prodotti di origine animale, la domanda che ci dobbiamo porre è: sottomettiamo il benessere dell’animale a quello dell’uomo interessandoci solo alle sue capacità produttive quantitative e qualitative oppure pensiamo all’animale come essere vivente e anteponiamo il suo benessere alle nostre esigenze?
Il benessere è legato ai desideri - quello che si vorrebbe avere - o ai bisogni - quello che necessita -? Per l’uomo, il benessere è: libertà dai bisogni primari, dai disagi, dalle preoccupazioni e dalle guerre. L’ordine può cambiare secondo gli individui ed i compromessi sono possibili ma limitati soprattutto per la libertà dalla fame. L’uomo, come tutti gli animali, ricerca innanzitutto il proprio benessere: aumento delle risorse disponibili attraverso la maggior produzione e gli scambi o con l’emigrazione alla ricerca di maggiori risorse. Per l’animale il benessere coincide con l’assenza di condizioni sfavorevoli e la presenza di condizioni favorevoli ad un corretto rapporto con l’ambiente e con l’uomo. 
Secondo il Farm Animal Welfare Council (Regno Unito) le libertà fondamentali degli animali possono essere così riassunte: libertà dalla paura e dall’angoscia; dalla fame e dalla sete; dal disagio fisico; dai traumi e dalle malattie; dalla paura e dagli stress; dall’annullamento del comportamento normale della propria specie; dalla modifica permanente del genoma.
Il criterio biocentrico (che salvaguarda il benessere dell’animale) è oggi assicurato soprattutto dalle razze autoctone allevate estensivamente nell’ambiente e con le tecnologie tradizionali, che garantiscono anche una pregevole qualità dei prodotti, ma non sempre salvaguardano l’ambiente. Il motivo antropocentrico trova invece spazio soprattutto nell’allevamento intensivo, nel quale il benessere animale preoccupa solo per l’effetto sulla qualità del prodotto (salubrità e aspetti organolettici) e per la percezione del consumatore sullo stato di benessere dell’animale produttore. E’ data perciò attenzione alla riduzione dello stress da ricoveri e da management inadeguati (residui inquinanti, fertilizzanti, pesticidi), alimentazione con minori forzature (energetiche, ormonali, molecole zootecniche e farmacologiche), gestione delle macellazione. 
In questi casi il benessere animale può essere valutato con test di preferenza o di comportamento (etogramma) per la corrispondenza tra strutture e impianti per l’allevamento, condizioni igieniche e presidi sanitari che permettono all’animale di effettuare le proprie scelte, come l’intensità con la quale tenta di sfuggire ad un trattamento o il prezzo che è disposto a pagare per evitarlo. Gli indicatori di sofferenza si soffermano su crescita ridotta, presenza di traumi e ferite, suscettibilità alle malattie, peggiori funzioni riproduttive, ridotte aspettative di vita ma anche su comportamenti anomali e atteggiamenti non desiderati, quali vitelli che si succhiano a vicenda, maiali che si mordono la coda, polli che si beccano le penne,. Il loro uso ha tuttavia dei limiti per la variabilità tra ed entro le razze e lo stato fisiologico; inoltre le misure oggettive (encefalografia, cardiografia, oculografia, miografia) necessitano di tempo, personale ed attrezzature e mancano di valori di riferimento; la generalizzazione dei risultati è limitata perciò ai sistemi confrontabili che operano in condizioni standard (suini, polli). 
Per quanto riguarda la qualità delle produzioni, è stato evidenziato che gli animali allevati in condizioni inospitali, quali quelle degli allevamenti intensivi, hanno concentrazioni plasmatiche di cortisolo (strumento di valutazione del benessere animale) molto più elevate, come pure elevata è la produzione di lattato, rispetto ad animali allevati in condizioni più ospitali. Questi ultimi presentano carni con una migliore capacità di trattenere i liquidi ed una minore perdita di acqua dopo la cottura. Anche il livello di corticosteroni e di glucocorticoidi può essere indice di benessere. Gli animali stressati hanno inoltre nei muscoli poco glicogeno necessario per la frollatura delle carni, che quindi rimarranno dure; ma hanno anche poche endorfine (gli ormoni della felicità) molto presenti invece negli animali a sistema brado, soprattutto nei cammelli ma anche nelle pecore al pascolo, ai quali consentono di rilasciarne molte nel latte del quale si avvantaggiano anche i cammellieri e pastori, facilitando loro le lunghe transumanze. Ma non trascuriamo le molecole aromatiche trasferite alle carni ed al latte degli animali dalla grande varietà di essenze del pascolo ed il loro effetto sulla qualità dei prodotti.