Meccanizzazione agricola e gestione sostenibile del suolo

di Marcello Pagliai
  • 03 September 2014
E’ ormai noto che la degradazione del suolo è da imputare per lo più a un uso non corretto dello stesso e a pratiche agricole non sempre sostenibili. Il compattamento del suolo, ad esempio, è ritenuto il principale processo di degradazione di un’area di 33 milioni di ha in Europa, nella quale il 32% e il 18% dei suoli sono ritenuti, rispettivamente, altamente e moderatamente vulnerabili. Purtroppo, a causa dell’uso di macchinari sempre più potenti e pesanti, il compattamento del suolo sembra destinato ad aumentare e, di conseguenza, i processi erosivi. 
Le conseguenze del compattamento possono essere contenute con una gestione del suolo che preveda la riduzione del transito ai macchinari pesanti e, qualora ciò non fosse possibile, con il ricorso all’inerbimento o alle cover crops che, oltre ad aumentare la sostanza organica, incrementa la portanza e la trafficabilità del terreno. Fra le pratiche agricole che contribuiscono maggiormente al degrado del suolo, rimangono le lavorazioni del terreno effettuate prevalentemente in maniera convenzionale, mediante aratura, e l’attuazione ancora diffusa di colture intensive, senza il necessario apporto di sostanza organica.
Le macchine agricole motrici più usate in agricoltura sono le trattrici. Dai dati ISTAT emerge che ormai le trattrici gommate hanno pressoché sostituito totalmente le trattrici cingolate (cingoli in metallo) che vanno praticamente scomparendo, considerato che l’età di queste macchine è ormai superiore ai 20 anni. Questo perché le trattrici gommate sono molto più facili da manovrare e, soprattutto, sono più veloci: anche in agricoltura si tende a diminuire i tempi di lavorazione. Purtroppo, però, le trattrici gommate hanno un’azione compattante due-tre volte superiore alle trattrici cingolate. L’alto numero di queste trattrici indica che, anche piccole aziende (intorno ai 10-20 ettari), talvolta, ne dispongono di più di una, molto potenti e, in alcuni casi, quasi obsolescenti come indica l’età media, superiore ai sedici anni, di queste macchine. Considerando quindi, la dimensione media delle aziende agricole italiane è evidente che il parco macchine, inteso principalmente come potenza delle trattrici, è largamente sovradimensionato.
Nelle ultime due decadi c’è stato un forte dibattito sulla necessità di ridurre la profondità delle lavorazioni che ha portato all’uso di aratri polivomere, in sostituzione dei monovomere, come indica la minore età media di questi attrezzi, sempre secondo i dati ISTAT, con conseguente diminuzione della profondità di lavorazione.
Pertanto, nell’ottica di attuare un’agricoltura sostenibile, si imporrebbe un forte rinnovamento del parco macchine delle aziende italiane. Si parla molto spesso di agricoltura di precisone ma, la sua applicazione non può prescindere dall’uso di macchine agricole moderne, sicure e più rispettose dell’ambiente. Questi dovrebbero essere criteri che andrebbero tenuti in considerazione dalla Nuova Politica Agricola.