La legna da ardere del futuro

di Lapo Casini
  • 14 May 2014
Nello scenario attuale di cambiamento socioeconomico che investe l’Unione Europea, il contributo che può venire dalle diverse Regioni per individuare i fabbisogni di innovazione in agricoltura, alimentazione e forestazione risulta prezioso data la prossimità degli Enti Regionali con le realtà locali, stante la competenza amministrativa nel concorrere allo sviluppo dei territori e del benessere delle loro popolazioni.
L’innovazione va orientata e costruita sulla base dei probabili fabbisogni tecnico-economici dei contesti produttivi rurali: quindi deve cogliere i fabbisogni da soddisfare prima dal lato della domanda prossima o futura, e solo di conseguenza dal lato dell’offerta.
Nei contesti rurali di tutta Europa il fabbisogno termico per riscaldamento di ambienti residenziali e di acqua sanitaria è e rimarrà una delle esigenze ineludibili del benessere della popolazione, seconda sola a quella alimentare quanto ad importanza. 
Secondo il criterio dell’utilizzazione a cascata della risorsa legno, i Paesi del Nord Europa a più marcata vocazione industriale, disponendo di grandi volumi industriali di scarti legnosi, hanno sviluppato le tecnologie di valorizzazione delle biomasse legnose sia tramite pellettizzazione o cippatura dello scarto industriale, sia – sul lato della domanda di fornitura dell’energia – tramite la messa a punto e la diffusione di impianti di generazione energetica termica o di cogenerazione, basati sull’automazione del processo di stoccaggio/movimentazione/combustione: tecnologia matura importata anche in Italia e nei Paesi del Sud Europa.
Dal lato industriale, il criterio dell’utilizzazione a cascata della risorsa legno, tanto più valido quanto più è robusta la struttura industriale, trova però minori opportunità nei Paesi del Sud Europa caratterizzati da modelli industriali dove è la PMI a curare la produzione (NB: il 25% delle SME della UE hanno sede in Italia).
I processi produttivi medi infatti hanno flussi materiali molto minori, anche senza considerare la perdurante crisi (che ha colpito la piccola industria più che la grande). In particolare fra Nord e Sud Europa non è paragonabile la dimensione complessiva e media (per singola impresa) della prima trasformazione del legname da lavoro, essendo molto maggiore al Nord.
Inoltre, e soprattutto, dal lato forestale nel Sud dell’Europa la composizione specifica dei soprassuoli forestali (latifoglie), le tipologie di legnami (ad alta massa volumica), e la forma gestionale (ceduo) non sconsigliano un uso diretto delle risorsa legno - invece che a cascata - per produrre energia. Non a caso si tratta della tradizionale legna da ardere in pezzi, mai veramente scomparsa dall’uso, e ritornata stabilmente nei consumi  rurali dopo il minimo pre-crisi energetica del 1973, anzi in misura crescente negli ultimi decenni vuoi per la migliore e più confortevole tecnologia di combustione domestica disponibile in commercio, vuoi per l’aumento dei prezzi dei combustibili  fossili. La filiera produttiva della legna da ardere ha nei Paesi Mediterranei un accentuato carattere locale, e le importazioni transfrontaliere pur rilevanti rimangono percentualmente modeste rispetto alle quantità prodotte, commercializzate e consumate in loco o anche a scala sovra-regionale: trovando un limite nel costo crescente dei carburanti per autotrazione.
Una controprova dell’idoneità della legna da ardere a soddisfare il target rurale è data dalle difficoltà attuali incontrate dal cippato nell’entrare nella fase a regime - dopo quella pilota - per il teleriscaldamento in contesti rurali. Ad es. in Toscana, prima regione appenninica e peninsulare lungo la “discesa verso Sud” del cippato ad uso residenziale, la materia prima è disponibile ma non con l’abbondanza, la facilità e la qualità sperata, essendo in gran parte di provenienza non- industriale. A differenza, ad es., del Trentino, i cui teleriscaldamenti a biomasse legnose si approvvigionano dalle locali segherie per il 70% circa.
Se queste considerazioni sono giuste, bisogna ripensare in chiave più moderna il già largo impiego della legna tradizionale: ad es. con l’efficienza energetica dell’uso domestico, e con la sviluppo di una apposita tecnologia (magari italiana) di movimentazione e automazione per alimentare gli impianti di teleriscaldamento.