Le piante possono restare a corto di anidride carbonica

di Paolo Sequi
  • 25 September 2013
Da quando si parla di CO2 come del più pericoloso dei gas serra, almeno per la quantità attualmente presente nell’atmosfera - ritenuta particolarmente elevata - oltre che per il timore che la sua concentrazione cresca ulteriormente fino a raggiungere livelli un tempo impensabili, è molto difficile trovare chi azzarda ipotesi di carenza di CO2 in qualunque circostanza immaginabile sul nostro pianeta. La carenza dovrebbe ovviamente riguardare i vegetali, ossia gli organismi che per mezzo della fotosintesi forniscono l’energia a tutti gli esseri viventi. 
Il discorso può iniziare a cambiare per chi si occupa di scienze agrarie quando si riflette sul fatto che in una coltivazione in serra divengono utili e a volte indispensabili bombole di CO2 se per qualche motivo le colture che vi sono allevate non vengono mantenute in contatto con l’atmosfera esterna, come succede per evitare o limitare i costi del ri-scaldamento nelle stagioni che lo richiedono.
Non appena la concentrazione di CO2 scende sotto 100-150 ppm, la crescita delle coltu-re si arresta, ed è essenziale intervenire al fine di somministrare l’anidride carbonica che può assicurare il normale decorso dei processi fotosintetici.
L’impiego di bombole di CO2, o comunque di canalizzazioni collegate a serbatoi di CO2 che ne assicurano la possibilità di somministrazione, è ormai divenuto una regola di comportamento nelle serre del Centro-Nord Europa: l’eventuale riutilizzo dell’anidride carbonica emessa dai bruciatori, oltre all’accumulo notturno di CO2 originato dalla respirazione delle colture, può non risultare sufficiente ad assicurare una loro ripresa nelle fasi della giornata nelle quali l’energia solare torna a raggiungere le superfici vegetali responsabili dei processi fotosintetici. 
Non si vuole qui ricordare che il carbonio è l’elemento più importante in tutti gli organi-smi viventi e che la fotosintesi delle piante rappresenta la base energetica della vita su tutto il nostro pianeta. Nei vecchi libri di agronomia si decantava la concimazione car-bonica, difficilmente praticabile considerato il suo costo. Ma è importante invece, co-munque, tenere presente che gli elementi che la pianta assume dal suolo e che vengono somministrati con le normali concimazioni rappresentano in genere meno del 4% del suo peso secco.
La legge del minimo, sviluppata da Justus von Liebig, dice che lo sviluppo di una pianta è condizionato dall’elemento nutritivo che nei confronti degli altri elementi nutritivi ri-sulta presente in proporzione minore rispetto a quella prevista. La quantità di carbonio C calcolata sul peso secco e tipicamente presente in una pianta è dieci volte superiore a quella della somma di tutti gli altri elementi. Su questo argomento conviene tornare a parte, o in altra sede.