Le piante e il sequestro di anidride carbonica

di Francesco Ferrini
  • 11 September 2013
È ormai a tutti noto che gli alberi fungono da intercettatori di CO2, fissando il carbonio in modo anche permanente sotto forma di biomassa. L’entità degli scambi gassosi tra l’albero e l’atmosfera cambia a seconda dell’età e dello stato di salute dell’albero stesso, ma il bilancio netto globale di una macchia di vegetazione in equilibrio con l’ambiente circostante si può considerare stabile nel tempo. Questo equilibrio, tuttavia, viene alterato dall’uomo attraverso alcuni fattori quali l’aumento delle emissioni di combustibile fossile e il rapporto tra il raccolto e l’utilizzazione della biomassa. 
A questo riguardo, i boschi periurbani, i parchi cittadini e i giardini, fungendo da accumulatori di CO2, giocano un ruolo fondamentale nel combattere i livelli crescenti di anidride carbonica atmosferica.
I gestori di aree verdi urbane stanno considerando se i progetti di impianto di alberi in aree urbane possano esser finanziati attraverso il mercato del carbonio, specialmente dal momento che ora è un mercato accreditato a livello internazionale. La preoccupazione più grande riguardante i progetti di impianto di alberi in aree urbane, e l’interrogativo che ci poniamo, è se questi progetti siano investimenti efficienti in termini di costi. 
Una migliore conoscenza di come le variabili influenzino in maniera preponderante l’efficienza di questi programmi potrebbe aiutarci nel capire se possiamo intervenire con scelte gestionali per migliorare il progetto oppure se variabili non controllabili, come il clima, giochino un ruolo preponderante nel determinare il potenziale inserimento di tali progetti nei mercati dei crediti di carbonio. Per i gestori del verde urbano è inoltre importante sapere come creare potenzialmente nuovi progetti ancora più efficienti in termini di costi; anche se i progetti non raggiungessero il mercato, questi studi sono di grande interesse per gli enti pubblici che su base volontaria cercano di minimizzare le emissioni dell’intera comunità facendo anche un bilancio di quote di carbonio guadagnate ed emesse.
Dal punto di vista “biologico” la quantità sequestrata dipende, come detto, dal tasso di crescita e dalla mortalità, che a loro volta dipendono dalla specie, dall’età, dalla struttura e dal grado di salute delle piante. Alberi giovani accumulano CO2 rapidamente per diversi decenni, prima che l’incremento annuale di CO2 decresca, mentre, per esempio, le cosiddette “old growth forests”, cioè le foreste di “vecchia” crescita o vergini possono rilasciare una quantità di CO2 derivante dalla decomposizione di biomassa morta, pari alla quantità fissata con la nuova crescita; inoltre le piante sottoposte a vari stress come stagioni aride e secche possono perdere la normale capacità di fissare CO2 chiudendo gli stomi per evitare la disidratazione. 
Le piantagioni in ambiente rurale, grazie alla loro maggiore densità, accumulano una quantità di CO2 per unità di superficie circa doppia (4-8 t/ha) rispetto a quelle in ambito urbano, ma la crescita riferita al singolo albero, è maggiore in ambito urbano dato che ogni pianta dispone di ampia superficie (i dati indicano un sequestro di CO2 4-5 volte superiore in alberi urbani rispetto agli omologhi in foresta). L’accumulo può variare da 4 a 16 Kg/anno per piccoli alberi (8-15 cm) a lenta crescita, fino a circa 360 Kg/anno per alberi più grandi ed è legato al loro ritmo massimo di accrescimento. 
Anche se gli alberi a rapido accrescimento inizialmente accumulano più CO2 rispetto agli altri, questo vantaggio può essere perso se la morte avviene in giovane età.
Il tasso di mortalità per le alberature stradali e quelle in zone residenziali è, purtroppo, molto elevato, sull’ordine di 10-30% per i primi cinque anni e poi dallo 0.5 al 3% per ogni anno seguente. Un possibile rimedio per minimizzare le perdite consiste nel selezionare specie adatte al sito d’impianto; se la scelta cadesse su specie non adatte, queste andrebbero facilmente in stress con ritmi lenti di crescita e quindi poco efficienti anche per la finalità di sequestro di CO2. Per un tipico albero in bosco le frazioni di CO2 accumulate sono mediamente collocate per il 51% nel tronco, 30% rami, e 3% in foglie. Le radici grosse (x>2mm) accumulano circa il 15-20% del carbonio totale, mentre nelle radici fini vi è una quantità di carbonio comparabile a quella delle foglie. L’ammontare totale di CO2 accumulata negli alberi in una foresta urbana dipende comunque da diverse variabili come la densità di copertura già esistente, lo schema e la densità d’impianto. Per esempio, nella città di Sacramento (California) con un’alta densità d’impianto, la CO2 stoccata è 172 t/ha, mentre il valore nella meno densamente piantata Oakland (California) scende a 40 t/ha. 
Il rilascio di CO2 determinato dai processi vitali e dalla manutenzione degli alberi è compensato dalla quantità sequestrata nella biomassa legnosa e dalla quantità di emissioni evitate grazie alla presenza degli alberi che influenzano il riscaldamento e la climatizzazione degli edifici. Quindi, nella valutazione di un programma, la riduzione netta di CO2 è semplicemente la differenza tra le riduzioni di CO2 e le emissioni della stessa, in tonnellate (t):
bilancio netto CO2 = (CO2 Sequestrata CO2 emissioni evitate) - CO2 Rilasciata (eq.1)


Articolo tratto da:  www.aboutplants.eu