Fracking: l’estrazione di idrocarburi USA non è esportabile in Italia

di Pietro Piccarolo
  • 17 July 2013
Il fracking, o frantumazione idraulica, è una tecnica che consente di estrarre dal sottosuolo idrocarburi (gas e petrolio) da formazioni non convenzionali quali le rocce scistose bituminose (shale).

Fracking o hydrofracking, è il termine inglese con cui si indica l'operazione di fratturazione (frack job). attuata attraverso la pressione di un fluido, solitamente acqua. Nell'articolo fracking sta a indicare la fratturazione di una roccia (shale) attuata con la pressione di un fluido costituito da acqua, sabbia e additivi chimici. La fratturazione della roccia avviene dopo la trivellazione del suolo sino ad arrivare a contatto della roccia stessa.
Shale è il termine inglese per indicare una roccia sedimentaria. Se questa roccia contiene molta materia organica, quando questa si decompone in assenza di aria da luogo a giacimenti di gas (essenzialmente metano). In questo caso si parla di shale gas. Il fracking effettuato dopo una trivellazione ha lo scopo di liberare questo gas che viene successivamente catturato.


La tecnica del fracking non è nuova ed è già stata impiegata da tempo per ottenere gas e anche petrolio da shale. La sua esplosione in USA è però recente e cioè da quando, nel 2005, il Congresso Americano ha esentato questo tipo di perforazione dall’adozione delle più severe norme di estrazione.
Tale tecnica consiste nell’effettuare, nelle aree dove sono presenti nel sottosuolo gli scisti bituminosi, una perforazione a profondità generalmente compresa tra 1000 e 2000 metri e cioè sino ad arrivare ad intercettare gli strati di shale. Quando questi sono stati raggiunti, una o più pompe ad altissima pressione e ad alto flusso immettono nel pozzo acqua mista a sabbia e ad agenti  chimici (acqua e sabbia rappresentano il 98% del totale). La miscela inoculata esce dalle aperture del condotto creando fratture nella roccia e liberando i gas che vengono trascinati dal flusso della miscela. Cessata la pressione, il gas (essenzialmente metano) o il petrolio, insieme ad altri composti indesiderati liberati dalla roccia, entrano nello stesso condotto, rimasto aperto grazie all’azione cementificatrice della miscela, e risalgono in superficie. 
Secondo una valutazione fatta da Leonardo Maugeri, economista e manager tra i più esperti di industria petrolifera del mondo, anche in presenza di una riduzione del prezzo del greggio, dagli attuali 85 dollari al barile ai 65 dollari al barile del 2017, gli USA potrebbero essere in grado di produrre nel 2017 cinque milioni di barili al giorno di petrolio da shale (oltre il 90% ottenuti nel North Dakota e nel Texas). In altri termini nel 2017 gli USA potrebbero divenire il primo produttore mondiale di petrolio. 
Molte sono le perplessità di ordine ambientale che avversano l’impiego del fracking, a partire dalla miscela di additivi la cui composizione non è nota e che poi ritornano in superficie arricchiti di altri elementi, alcuni dei quali possono avere effetto radioattivo. Altro rischio è quello legato alla  possibilità di creare una sismicità indotta, specie quando le operazioni di pompaggio non sono condotte correttamente.
In un territorio come quello italiano, ad alto rischio sismico, quest’ultimo pericolo non può essere certo trascurato. Oltre alle motivazioni ambientali, vi sono però anche ragioni prettamente tecniche  che rendono il fracking di fatto impraticabile non solo in Italia ma anche in molti paesi europei. Infatti, se anche esistessero questi strati scistosi, per replicare quanto avviene negli USA sarebbe necessario perforare di continuo e a ritmo crescente il nostro territorio, in quanto la produzione di ogni singolo pozzo shale decresce rapidamente in pochi mesi. Per fare queste trivellazioni occorre cioè disporre di vaste aree non urbanizzate e a bassissima densità di abitanti. Condizioni queste non riscontrabili in Italia.