L'illusione verde: la moda di piantare alberi senza pianificazione

Francesco Ferrini 17 April 2024

Una tendenza sempre più diffusa, nel tessuto urbano contemporaneo, è quella di integrare elementi naturali all'interno delle città, con l'obiettivo di creare spazi verdi che migliorino la qualità della vita dei cittadini. Tra le molte opzioni disponibili, l'idea di introdurre alberi anche nei centri storici può apparire promettente: oltre a fornire un piacevole aspetto estetico, gli alberi possono contribuire a migliorare il microclima di certe aree. Tuttavia, dietro questa apparente idilliaca immagine, si nasconde una serie di sfide e difficoltà che rendono l'impresa molto più complessa di quanto si potrebbe immaginare e i risultati potrebbero essere molto diversi rispetto a quanto prospettato, soprattutto in ambienti ostili come i canyon urbani.
Una delle prime e più ovvie sfide nell'introdurre alberi in certe situazioni è lo spazio limitato a disposizione e il volume di suolo utilizzabile. Le città sono caratterizzate da una densità abitativa sempre crescente e da una costante competizione per l'uso del suolo. In quest'ottica, trovare spazio sufficiente per ospitare alberi può essere un compito arduo, se non impossibile.
E anche se si riesce a trovare lo spazio necessario, ci si trova di fronte a un altro ostacolo significativo: la selezione delle specie più adatte alla vita urbana. Le città presentano, come è noto, una serie di condizioni ambientali avverse per la crescita delle piante, tra cui l'inquinamento atmosferico, il calore urbano, la carenza di suolo e l'ombra degli edifici circostanti.
Tuttavia, nonostante queste difficoltà, molte città stanno promuovendo la piantagione di alberi spesso senza una valutazione accurata delle specie più adatte al contesto urbano e senza, soprattutto, un’adeguata analisi del sito d’impianto. Spesso vengono scelte specie che richiedono terreni profondi e fertili, che non possono essere facilmente garantiti nelle città. Inoltre, alcune specie richiedono una grande quantità di acqua e gestione, rendendo difficile il loro mantenimento nelle condizioni urbane.

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Pubblicato il nuovo censimento delle piante in Italia

Sono in totale circa 10mila, 46 in più le specie autoctone e 185 in più quelle aliene

Lorenzo Peruzzi e Amedeo Alpi 17 April 2024

In Italia ci sono circa 10mila piante secondo il nuovo censimento e sono 46 in più le specie autoctone e 185 in più quelle aliene. Dai dati complessivi aggiornati rispetto al 2018, emerge che nel nostro Paese ci sono oggi 8.241 specie e sottospecie autoctone, di cui 1.702 endemiche (cioè esclusive del territorio italiano) mentre 28 sono probabilmente estinte. A queste si aggiungono 1.782 specie aliene. Tra di esse, 250 sono invasive su scala nazionale e ben 20 sono incluse nella 'lista nera' della Commissione Europea, che elenca una serie di piante e animali esotici, la cui diffusione in Europa va assolutamente tenuta sotto controllo.
“Rispetto all’analogo censimento pubblicato sei anni fa abbiamo un incremento dei numeri totali: ciò è dovuto a nuovi studi e all’esplorazione di nuovi territori, ma anche, per quanto riguarda le aliene, all’ingresso di numerose nuove specie, da monitorare attentamente e se possibile eradicare”, racconta Lorenzo Peruzzi, fra i coordinatori della ricerca, professore di Botanica sistematica nel Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e direttore dell’Orto e Museo Botanico.
Gli elenchi aggiornati della flora vascolare (ossia felci e affini, conifere e piante a fiore) autoctona e aliena presente in Italia sono stati appena pubblicati sulla rivista internazionale “Plant Biosystems”, organo ufficiale della Società Botanica Italiana. Si è trattato di una ricerca collaborativa, realizzata grazie agli sforzi congiunti di 45 ricercatori italiani e stranieri. Insieme a Lorenzo Peruzzi hanno coordinato lo studio anche Gabriele Galasso del Museo Civico di Storia Naturale di Milano e Fabrizio Bartolucci e Fabio Conti dell’Università di Camerino. Tra gli autori della ricerca anche Francesco Roma-Marzio, Curatore dell’Erbario dell’Orto e Museo Botanico dell’Ateneo pisano.
“C’è ancora molto da fare – conclude Peruzzi – e il lavoro di continua ricerca e verifica svolto dai floristi e dai tassonomi per descrivere la biodiversità vegetale italiana è ben lungi dall’essere concluso. Certamente, però, il quadro delle conoscenze che abbiamo oggi è sempre più completo e potrà permettere azioni di tutela maggiormente mirate e consapevoli”.
Per quanto nel mondo occidentale, da alcuni lustri, si sia fatta strada una agricoltura più rispettosa dell'ambiente, dobbiamo ammettere che la maggioranza dell'attività dei campi è ancora orientata, soprattutto, dal livello produttivo e dal ricavo economico aziendale. Questi due obiettivi vengono ancora individuati, troppo frequentemente, nella monocoltura. Si impone pertanto una considerazione sulla indispensabilità -al fine di ottenere una maggiore stabilità degli ecosistemi- della biodiversità come modello che, dalle comunità della flora spontanea, venga introdotto, con opportuni accorgimenti, all'interno dei sistemi agricoli. 

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Quale relazione fra sostenibilità dell’agricoltura e agro-biodiversità?

Daniela Romano 17 April 2024

Il termine “biodiversità” esprime un concetto molto più ampio di quanto comunemente si pensi, poiché racchiude la variabilità tra gli organismi viventi all’interno di una singola specie (diversità genetica), fra specie diverse e tra ecosistemi. La biodiversità potremmo dire è l’accumulo di 3,5 miliardi di anni di coesistenza e di esperienze di tutte le forme di vita, un’eredità che non possiamo perdere ai ritmi frenetici e angosciosi degli anni recenti.

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Sud chiama Nord: acqua e agricoltura

Silverio Pachioli 17 April 2024

Se al Nord sono arrivate le tanto desiderate piogge e nevicate, al Sud permane una situazione meteorologica tragica di siccità, ormai giunta a condizioni non più sostenibili.
Non si tratta semplicemente di rinnovare le solite raccomandazioni per un uso ragionato e razionale delle risorse idriche, ma di implementare una serie di riflessioni e programmazioni, a tutti i livelli, per cercare di arginare un problema che sembra, ormai, sfuggito a ogni forma di gestione e controllo. Non basta risparmiare acqua, ma bisogna riciclarla e accumularla quando e dove il terreno non è in grado più di tesaurizzarla.

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